Mind: the essence of humanity

    Negli ultimi 30-40 anni abbiamo appreso sulla mente più di quanto abbiamo fatto nei precedenti 5000. Eppure conosciamo soltanto una minima percentuale dei suoi meccanismi e ci sono aspetti, in particolare alcuni suoi disturbi, di cui non sappiamo addirittura nulla, o quasi nulla. Come è possibile che un campo di conoscenza essenziale sia così poco avanzato? Supereremo questa impasse, e come? Sono le domande al centro della Settima Conferenza Mondiale sul Futuro della Scienza – promossa a Venezia, dal 18 al 20 settembre dalla Fondazione Umberto Veronesi, la Fondazione Giorgio Cini e la Fondazione Silvio Tronchetti Provera – sul tema “Mind: the essence of Humanity”.

    “Nello studio della mente, e più in generale di tutta la biologia, hanno pesato e pesano enormemente fattori ideologici più o meno rigidi – spiega Edoardo Boncinelli, coordinatore del Comitato di Programma – Ci sono le religioni che credono di sapere già tutto, a priori, della mente e dell’anima. Ma esiste anche un integralismo laico. All’uomo non piace sentirsi dire che nella testa ha solo cellule e molecole e privilegia quei punti di vista che gli garantiscono l’esistenza di altri fattori, sviluppando reazioni avverse alla scienza e alle sue affermazioni. La situazione si è complicata con l’avvento della genetica, che ha proposto un’interpretazione di comportamenti e disturbi basta su meccanismi genetici e almeno in parte contraria a quella corrente, secondo cui tutto dipende dalle condizioni di vita e dall’ambiente. A causa di questo ‘blocco ideologico’ sappiamo pochissimo di fenomeni come la depressione, l’omosessualità, o l’autismo.”

    “L’evoluzione della mente ha sofferto per lungo tempo del cosiddetto ‘Paradosso di Wallace’– continua Telmo Pievani, membro del Comitato – secondo cui le particolari facoltà psicologiche e cognitive della specie umana non possono essere studiate scientificamente da un punto di vista evoluzionistico, a causa della loro intangibile complessità e specificità. Ciononostante, grazie a una quantità sempre crescente di dati ottenuti da diversi metodi di indagine, come la biologia molecolare, la biologia dello sviluppo evoluzionistico, le neuroscienze, l’etologia cognitiva, la psicologia del pensiero e la paleontologia – oggi forse abbiamo per la prima volta la possibilità di cominciare a comporre il puzzle della storia naturale della cognizione umana, e di comprendere per quali vie siamo diventati, non solo dal punto di vista anatomico ma anche da quello cognitivo, i moderni ‘sapiens’.”

    “Fare luce sui meccanismi della mente – dichiara Umberto Veronesi, Presidente della Conferenza – è la via per risolvere il disagio e le malattie mentali, uno dei maggiori problemi sociosanitari del nostro tempo. Ma non solo: studiare il pensiero è come addentrarsi in un nuovo universo. Per indagarlo occorrono le neuroscienze ma anche la filosofia e la teologia che si interrogano ad esempio su come e perché elaboriamo un’etica. Non a caso la Conferenza di Venezia si chiuderà con una tavola rotonda sul tema ‘Che cosa resta dell’anima e del libero arbitrio’.”

    “A Venezia esamineremo sia ciò che oggi conosciamo sia le prospettive future, – conclude Chiara Tonelli, Segretario Generale – L’obiettivo è duplice. Capire come funziona la mente, quando funziona: la memoria, le emozioni, l’apprendimento; ma soprattutto quando non funziona: le psicosi, i disturbi bipolari, la depressione, fino alla follia, anche criminale. Per poi interrogarsi su come la società può trasferire queste conoscenze nell’etica e nelle regole di convivenza civile.
    Ci occuperemo anche delle nuove frontiere: i neuroni specchio (che ci indicano che noi non solo imitiamo chi ci sta di fronte, ma cerchiamo anche di catturarne le intenzioni), il fenomeno delle saccadi (che danno una misura della tremenda capacità di calcolo del cervello, perché indicano che anche se per un decimo del giorno noi siamo ciechi, il cervello compensa ciò che in quella frazione non riusciamo a vedere); la natura e le disfunzioni della coscienza (si può oggi capire, indipendentemente dalle dichiarazioni del soggetto, se egli è cosciente oppure no, con ovvie ricadute sull’argomento tanto discusso dell’accanimento terapeutico), il confine inesistente fra il sonno e la veglia.”

    LASCIA UN COMMENTO

    Please enter your comment!
    Please enter your name here