Alla scoperta degli oggetti

    A prima vista gli oggetti sembrano immobili e inanimati. Ad osservarli con più attenzione, però, si rivelano del tutto diversi: mutevoli, mobili. E in un certo senso vivi perché si sviluppano e si rinnovano continuamente, comunicano esprimono il senso del tempo che passa. Se, ad esempio, li esaminiamo da una prospettiva storica, scopriamo che gli oggetti sono gli unici testimoni del passato e rivelano informazioni preziose sulle epoche più remote, come il gusto estetico o il livello di sviluppo tecnologico. Non importa che si tratti di semplici oggetti quotidiani come un bicchiere o una sedia, o di utensili raffinati e tecnologici, come le automobili o i computer. Perché insieme ricostruiscono l’identikit di una civiltà passata, la sua composizione sociale, il suo grado di evoluzione economica e il suo progresso scientifico.

    Ma ogni oggetto è anche l’ultimo anello di una lunga catena, l’elemento finale dello sviluppo di un’idea. Pensiamo, ad esempio, al concetto di volo e confrontiamo gli schizzi di Leonardo con gli ultimi modelli di aerei: la distanza che separa quei disegni dalle macchine di ultima generazione rappresenta un percorso evolutivo, dove convergono l’idea di volare, le conoscenze scientifiche, le capacità tecnologiche, la disponibilità di nuovi materiali.

    A partire da queste considerazioni, abbiamo chiesto ad Andries Van Onck, designer e autore di numerosi scritti di teoria del design, di esporci alcune sue riflessioni sul significato degli oggetti e del loro sviluppo.

    Professor Van Onck, cosa sono gli oggetti secondo lei?

    Gli oggetti, intesi come prodotti, sono molte cose insieme: materiali, forme, dimensioni, colori. Sono supporti plasmati dai processi produttivi e sono anche il risultato di investimenti di capitali e di energia umana spesi per raggiungere un certo target. Ognuno dei contributi partecipa all’esito finale e vi imprime un proprio segno, cosicché il prodotto può essere considerato una risultante di tutte queste forze.Nel loro significato progettuale, invece, gli oggetti vanno pensati come “protesi” del corpo, del quale rappresentano una sorta di prolungamento. Questo è il loro significato funzionale ed è la ragione per cui vogliamo renderli sempre più efficienti.

    Non esistono, dunque, oggetti nati già totalmente sviluppati?

    In effetti ci sono alcuni oggetti “nati perfetti”, ma sono pochi: si tratta di prodotti molto semplici che non hanno avuto bisogno di alcuna evoluzione. Come un fiammifero o un chiodo: sono nati così e non si sono sviluppati. Altro è il caso di quegli oggetti che sono nati perfetti da un punto di vista commerciale. Un esempio di questo tipo di prodotto è il coltello svizzero, un arnese che è insieme coltello, cavatappi, ed altro ancora. Ed è uno strumento che è sempre stato uguale a come è adesso: non si è evoluto perché piace così com’è, e le case produttrici non hanno alcun interesse a cambiarlo perché il mercato non le costringe a farlo. Al contrario, se pensiamo ad una famosa marca di orologi, la Swatch, abbiamo un esempio assolutamente antitetico. La Swatch basa la sua filosofia di mercato su principi opposti: punta tutto sull’innovazione, sull’aggiornamento, sulla continua modifica e lo fa utilizzando le nuove tecnologie. Questi due estremi, il coltello svizzero e l’orologio Swatch, sono la chiara dimostrazione di quanto i prodotti e la loro evoluzione dipendano dal mercato.

    Quanto incide lo sviluppo della tecnologia nella progettazione degli oggetti?

    Ogni volta che c’è un progresso tecnologico, sia nei materiali che nei processi produttivi, gli oggetti vengono riprogettati sia nella funzionalità che nella forma. Si tratta di un processo che oggi accade sempre più spesso perché la tecnologia si evolve continuamente e i materiali si rinnovano con grande rapidità. Ed è un’evoluzione che coinvolge anche oggetti apparentemente perfetti: molti utensili, come ad esempio le forbici, vengono riproposti adesso in materiali assolutamente innovativi, impensabili solo dieci anni fa. Spesso le nuove tecnologie offrono una maggiore libertà espressiva che il designer sfrutta per esprimere meglio il suo pensiero. E questa è una possibilità fondamentale, perché consente agli oggetti di allontanarsi sempre di più dalla originaria “costrizione funzionale”e di muoversi su un territorio che si avvicina a quello delle “infinite possibilità”, come avviene per l’immagine e in genere per le altre forme di comunicazione visiva: quando tutto diventa più mobile e flessibile, le possibilità diventano potenzialmente infinite.

    Qual è il condizionamento fra ambiente e prodotto da un punto di vista culturale?

    Nella forma dei prodotti è presente, anche se non sempre esplicitamente, una componente “a-razionale” che esprime l’interazione reciproca tra ambiente e società. E’ quello che Gilbert Durand, nel suo libro “Le strutture antropologiche dell’immaginario”, chiama il tragitto antropologico: l’incessante scambio che esiste a livello dell’immaginario tra pulsioni soggettive e intimazioni provenienti dall’ambiente. Anche il linguaggio del designer sfrutta e ottimizza i simboli visivi che si nascondono nei particolari, nelle forme e nei colori. Lo fa con un preciso scopo retorico, quello della seduzione. E per raggiungerlo, fa appello ad una memoria collettiva di immagini che appartiene a tutti noi da sempre.

    Quali conseguenze provocano i cambiamenti sociali, economici e tecnologici della nostra epoca sullo sviluppo e sulla creazione degli oggetti?

    Viviamo in un mondo che si evolve sempre più velocemente e che continuamente sposta i propri riferimenti culturali. Si accorciano le distanze fra i paesi, aumenta la facilità di comunicazione, si attenuano le differenze culturali: è, in una parola, l’era della “globalizzazione”. Se consideriamo questo fenomeno da un punto di vista esclusivamente economico, il risultato che ci colpisce di più è la trasformazione del mercato che adesso si presenta a “pelle di leopardo”. E’ un mercato, cioè, caratterizzato da una nuova e variegata tipologia di gruppi, non più legati all’età, alle fasce di reddito o alla geografia ma con una varietà di personaggi che si muove in ogni ambito e in ogni spazio e tempo. Questo gruppo, frantumato in mille unità e sparpagliato nel mondo, costituisce nel suo insieme il nuovo target di riferimento. E’ per questa ragione che in futuro assisteremo sempre di più ad una diffusione globalizzante degli oggetti: da un Paese ad un altro, da una fascia sociale ad un’altra, con un ampliamento della distribuzione e una contaminazione sempre maggiore tra i diversi stili di vita. Senza mai, però, arrivare all’estremo negativo dell’identificazione e della massificazione dei modelli culturali.

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