Allarme scuola

Sono passati quattro anni da quando a Dakar, al Forum Mondiale sull’educazione, si stabiliva un imperativo categorico: assicurare entro il 2015 l’istruzione scolastica per tutti. Mancano ancora 11 anni a quella data, ma l’obiettivo non appare raggiungibile. Almeno per diversi paesi tra i 160 che nell’aprile del 2000 aderirono al progetto. Sono ancora più di 100 milioni i bambini al mondo che non frequentano la scuola, né hanno possibilità di andarci in un immediato futuro. In un terzo delle nazioni in via di sviluppo la percentuale di studenti che raggiunge il quinto livello di scuola elementare sfiora appena il 75 per cento. A fornire un’istantanea del panorama mondiale sull’educazione scolastica è un dettagliato rapporto dell’Unesco (United Nation Educational, Scientific and Cultural Organization) presentato l’8 novembre scorso a Brasilia.Non è tutto negativo però quello che si legge nel rapporto. Il tasso di iscrizione elementare è cresciuto in molti Paesi, il divario tra i bambini e le bambine che frequentano la scuola si è ridotto, l’attenzione dei governi al problema dell’alfabetizzazione è maggiore rispetto ad alcuni anni fa e sono stati fatti sforzi significativi per aumentare le risorse scolastiche, per garantire un accesso più vasto all’istruzione e per incoraggiare la parità dei sessi. In base a questi progressi il rapporto Unesco promuove 41 nazioni, tra cui Argentina, Cuba e Cile, relativamente vicine a raggiungere gli obiettivi di Dakar. Seguono altre 51 nazioni, che includono paesi arabi e latino-americani, con Romania, Bulgaria e Costa Rica, in testa a metà strada del loro percorso verso l’educazione per tutti. Per 35 paesi, invece, di cui 22 si trovano nell’Africa Sub-Sahariana, la situazione è ancora disperata. Tra questi anche nazioni densamente popolate come Bangladesh, India e Pakistan.Guerra, povertà, pressioni economiche ed epidemie hanno un impatto devastante sull’istruzione. Non si tratta soltanto dell’alto numero di bambini in età scolare che disertano la scuola a causa di indigenti condizioni di vita. La qualità dell’istruzione è scadente. In molti paesi in via di sviluppo, gli insegnanti non rispondono ai requisiti minimi di conoscenza della materia e non dispongono di mezzi e strumenti per acquisire maggiori competenze. Devono far fronte a classi superaffollate di più di 40 bambini. In numerose scuole di Malawi, Monzambico, Repubblica Africana Centrale e Chad ci sono classi che contano più di 60 alunni. E poi c’è l’Aids, la grande piaga dell’Africa sud Sahariana. Non è una coincidenza che la lista dei paesi con minore livello di istruzione coincida con quella dei paesi flagellati dal virus dell’Hiv. In Zambia si stima che 815 insegnanti siano morti di Aids nel 2001. Nell’Africa sud-Sahariana ci sono più di 11 milioni di bambini sotto i 15 anni che hanno perso almeno un genitore. L’istruzione viene dopo le emergenze familiari, prima bisogna prendersi cura di un familiare malato in casa o contribuire al reddito familiare. Questi fattori minano profondamente la qualità dell’educazione scolastica ricevuta. La qualità non è un fatto accessorio. È un punto nevralgico del rapporto tracciato dall’Unesco. Molti bambini, si legge, finiscono i primi cinque anni delle elementari senza aver acquisito un minimo di conoscenze. “Quello gli studenti apprendono e come lo apprendono determina il successo o il fallimento della loro esperienza scolastica e le conseguenti opportunità di vita”, afferma Koichiro Matsuura, direttore generale Unesco. Per usare le parole di Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite, “l’educazione è un diritto umano che possiede un potere immenso di trasformazione. È su questa base che poggiano i pilastri della libertà, della democrazia e dello sviluppo umano sostenibile”.

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