Anche un divorzio può avere risvolti positivi sulla salute

(Immagine: Pixabay)

Tutte le donne (e anche gli uomini) sanno bene quanto doloroso e traumatico possa essere un divorzio. Soprattutto se questo arriva verso i cinquant’anni, una fase della vita in cui affrontare le sfide giornaliere e sentimentali pesa un po’ di più rispetto agli anni della giovinezza. Ma in soccorso delle signore arriva Randa Kutob, direttrice del College of Medicine dell’Università dell’Arizona, che, senza usare ricette miracolose, mostra i risultati della sua ricerca durata tre anni e condotta su un campione di 160.000 donne americane. Grazie al sostegno del National Women’s Health Initiative, Kutob ha analizzato gli effetti sulla salute di donne di età compresa tra i 50 e i 79 anni, quindi più suscettibili a malattie croniche come diabete e malattie cardiovascolari, dopo un divorzio. Ebbene, dai dati emersi, Kutob ha riscontrato che le donne in post-menopausa possono beneficiare di effetti positivi a breve termine, quali perdita di peso e incremento dell’attività fisica, dopo un evento traumatico quale può essere la fine di un matrimonio o la perdita del compagno.

Rassicurante, almeno un po’. Anche perché l’associazione tra stato civile e salute ha sempre interessato medici e psicologici per oltre un secolo: gli studi degli anni ’80 sull’argomento suggeriscono che gli individui sposati hanno una probabilità minore di incorrere in malattie e presentano una più bassa mortalità, al contrario invece degli individui che rimangono single o che provano una separazione o la morte prematura del compagno/a, mostrando un tasso di mortalità più alto. I cambiamenti nella dieta, nell’uso di tabacco e alcool e nell’attività fisica che si verificano durante una separazione possono spiegare l’elevato tasso di mortalità di queste persone.

Per questo, Kutob si è focalizzata sulle donne in post-menopausa suddividendo le partecipanti dello studio in quattro grandi gruppi: il primo in cui le donne hanno cominciato lo studio da single ma si sono o sposate o fidanzate durante i tre anni di osservazione, il secondo in cui le donne si sono trovate ad affrontare un divorzio o una separazione durante questo percorso, e il terzo e quarto gruppo in cui le donne hanno iniziato rispettivamente da sposate o da divorziate e lo sono rimaste per i tre anni.

I ricercatori hanno analizzato il peso, la circonferenza della vita, la pressione sanguigna, la dieta, l’esercizio fisico e il consumo di alcol e sigarette come indicatori di salute. Inoltre sono stati valutati anche aspetti psicologici come benessere emotivo, funzionamento sociale, depressione e supporto sociale. Ebbene, in controtendenza con quanto riportato dagli studi precedenti, Kutob ha riscontrato che tutte le donne che si erano sposate avevano preso più chili rispetto alla controparte rimasta single durante il corso dei tre anni. In entrambi i gruppi di donne – quelle rimaste sposate e quelle non sposate nel corso dei tre anni – si è vista una riduzione della pressione diastolica, ma la decrescita era maggiore per le donne single. Inoltre, queste bevevano meno alcool rispetto a quelle sposate. Non c’erano invece differenze tra i due gruppi riguardo al consumo di sigarette. In particolare, quello che i ricercatori hanno notato è che le donne non sposate riuscivano a perdere peso e a incrementare la loro attività fisica in maniera maggiore rispetto a quelle sposate, un fattore che non sembra correlato alla depressione bensì ad altri fattori emotivi.

La conclusione apre una strada ancora inesplorata per la prevenzione di malattie croniche nelle donne in post-menopausa: “Dopo un divorzio, alcune donne riescono a focalizzarsi di più su loro stesse e sulla loro salute”, afferma Kutob, “e se da un evento traumatico possiamo ottenere risultati positivi, e se noi medici riusciamo ad incoraggiare questi aspetti positivi, possiamo realmente aiutare queste donne”. La sfida infatti è quella di riuscire a replicare questi risultati incoraggianti anche sul lungo termine.

Articolo prodotto in collaborazione con il master SGP di Sapienza Università di Roma

Irene Del Lesto

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