L’antibiotico-resistenza è un problema, ma possiamo prevenirla

antibiotico
(Credits: purpleshorts da Pixabay)

È uno dei grandi problemi di salute pubblica dei nostri tempi. E in mancanza di azioni concrete, in futuro è destinato a peggiorare. Parliamo di antibiotico resistenza: la sempre più diffusa capacità di batteri e altri microorganismi di evolvere forme di immunità ai farmaci, trasformando quelle che fino a ieri erano infezioni banali, in nemici letali, contro cui non abbiamo più armi a disposizione. In Europa infezioni simili uccidono ogni anno 33mila persone. In America 22mila. Nel mondo 250mila, a dimostrare che ormai è un problema che non conosce confini. Le strategie per affrontare il problema sono chiare, anche se complesse, e ve le raccontiamo anche su Wired da anni. Uno dei punti centrali comunque è la necessità di ridurre l’utilizzo di antibiotici, che quando usati in modo scorretto non fanno che velocizzare lo sviluppo di resistenze antimicrobiche. E in occasione della settimana mondiale per l’utilizzo consapevole degli antibiotici, in scena quest’anno dal 18 al 24 novembre, abbiamo pensato di concentrare l’attenzione su un aspetto forse meno immediato, ma comunque fondamentale: prevenire è meglio che curare, e non è mai stato vero come nel caso degli antibiotici. Vediamo allora quali sono i comportamenti che permettono di minimizzare il rischio di infezioni, e quindi la necessità di ricorrere agli antibiotici.

Lavarsi le mani

Un gesto semplice, dalle conseguenze difficili da sottovalutare. La scoperta che lavarsi le mani riduce il rischio di contrarre infezioni è ormai vecchia di 150 anni, e può essere fatta risalire al lavoro del medico ungherese Ignaz Semmelweis, che lavorando con le partorienti scoprì la trasmissione batterica da contatto. Ovvero che le mani sporche possono trasmettere le malattie. Nel suo caso, si trattava di febbre puerperale, una patologie che uccideva circa l’1% delle partorienti nei grandi ospedali europei fino alla metà del 1800. Cercando di comprenderne le cause, Semmelweis si rese conto che il problema era di natura igienica (ricordiamoci che l’identificazione di virus e batteri come causa delle malattie prese piede solamente sul finire del diciassettesimo secolo): i medici che assistevano ai parti spesso praticavano anche autopsie, e non esisteva la consuetudine di lavarsi le mani tra un intervento e l’altro. Senza saperlo – capì il medico ungherese – erano gli stessi sanitari a infettare le donne durante il parto. E bastava un semplice lavaggio delle mani con un prodotto disinfettante per eliminare completamente il problema. Un’intuizione che nei decenni seguenti ha contribuito a salvare un numero incredibile di vite, e che ancora oggi continua a dare i suoi frutti: secondo i Centers for Disease Control and Prevention americani, i programmi di sensibilizzazione sull’importanza del lavaggio delle mani determinano un calo del 23-40% dei casi di diarrea, del 16.21% di infezioni respiratorie come il raffreddore, e una riduzione del 29-57% dell’assenteismo scolastico legato a disturbi gastrointestinali. Tutti problemi che possono spingere all’utilizzo di antibiotici. Evitabili semplicemente con una buona abitudine: lavarsi le mani.

Vaccinazioni

È la forma di prevenzione per eccellenza. E oltre a renderci immuni dalle malattie, contribuisce in modo importante a ridurre il consumo di antibiotici. È l’Oms a sottolineare l’importanza delle vaccinazioni anche nella lotta all’antibiotico resistenza: non ammalandosi, infatti, i soggetti vaccinati evitano alla radice il bisogno di sottoporsi a terapie antibiotiche. Capita nel caso di malattie di natura batterica, come può essere la pertosse (che in Italia rientra tra le vaccinazioni obbligatorie) o lo Streptococcus pneumoniae (una vaccinazione non obbligatoria ma raccomandata sia nei bambini che negli anziani), contro cui – calcola l’Oms – la vaccinazione dell’intera popolazione pediatrica del pianeta eviterebbe ogni anno l’equivalente di 11 milioni di giorni di utilizzo di antibiotici. E non è tutto: anche le vaccinazioni contro le malattie virali riducono il ricorso agli antibiotici, perché in molti casi la patologia espone al rischio di sovra-infezioni batteriche, e perché si elimina la possibilità di errori legati al fai da te. Come nel caso, fin troppo comune, di antibiotici utilizzati in caso di influenza.

Sesso protetto

Anche in questo caso, parliamo di una di quelle buone pratiche che non dovrebbero avere bisogno di presentazioni. Ad ogni modo, l’utilizzo del preservativo è importante anche nella lotta all’antibiotico resistenza. Molte delle più comuni malattie sessualmente trasmissibili, come la sifilide, la gonorrea o la clamidia, sono causate da batteri, e come terapia prevedono dunque l’utilizzo di antibiotici. E non è tutto: le malattie veneree causate da batteri sono tra le patologie che stanno sviluppando più rapidamente resistenza ai trattamenti antibiotici. La gonorrea, in particolare, preoccupa sempre di più gli esperti, perché stanno emergendo ceppi resistenti a pressoché tutti gli antibiotici attualmente disponibili.

Igiene orale

Tra i professionisti sanitari che prescrivono più spesso gli antibiotici ci sono senz’altro i dentisti: in America ad esempio prescrivono oltre il 10% di tutti gli antibiotici utilizzati al di fuori degli ospedali. E di fronte al crescente pericolo dell’antibiotico resistenza, la pratica dentistica inizia ad essere al centro di un animato dibattito che riguarda la necessità e l’appropriatezza delle prescrizioni di antibiotici in odontoiatria. In questo senso, ovviamente, è una questione che riguarda gli esperti. Ma nel nostro piccolo qualcosa possiamo fare anche noi: una buona igiene orale è la forma migliore di prevenzione per ridurre il rischio di problemi a denti e gengive. E con denti e gengive sane ci sono molte meno ragioni per ricorrere agli antibiotici. Un motivo in più, insomma, per ricordarsi di lavare regolarmente i denti, e seguire tutti gli altri consigli del nostro dentista di fiducia.

Le buone abitudini

A ben vedere, quel che possiamo fare come cittadini e pazienti non è altro che seguire le buone pratiche che minimizzano il rischio di ammalarsi. Attività fisica e alimentazione sana aiutano il sistema immunitario a combattere al meglio le infezioni. Abitudini di buon senso, come evitare il contatto con persone malate, evitare cibi scaduti o potenzialmente fallati che potrebbero provocarci problemi intestinali, minimizzano le probabilità di contagio. E quando, inevitabilmente, ci ammaliamo, seguire alla lettera i consigli del medici, in particolare per quanto riguarda l’assunzione di antibiotici. In questo modo, ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare la differenza.

Via: Wired.it

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Credits immagine di copertina: purpleshorts da Pixabay

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