Un biosensore che usa una tecnologia basata sugli anticorpi. È il risultato di una ricerca svolta dal Virginia Institute of Marine Science (VIMS – Gloucester Point, USA) per la localizzazione di contaminazioni ambientali. Tale sensore ha mostrato la capacità di identificare inquinanti marini come il petrolio in modo più economico e rapido delle tecnologie attualmente disponibili. I risultati dei primi test, pubblicati su Environmental Toxicology and Chemistry, rivelano come il biosensore potrebbe essere utilizzato per il rapido rilevamento e il monitoraggio delle maree nere.
Gli anticorpi sono proteine prodotte dal sistema immunitario degli organismi quando vengono “attaccati” da elementi estranei. Tali proteine sono in grado di riconoscere virus e altre molecole organiche, ai quali si legano in modo specifico. Gli scienziati del VIMS hanno pensato quindi di sfruttare questa importante capacità degli organismi per produrre anticorpi in grado di riconoscere alcuni inquinanti ambientali.
Per ottenere gli anticorpi, i ricercatori hanno “vaccinato” dei topi contro i contaminanti, somministrando loro un composto di proteine e IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici, sostanze presenti nel petrolio). Quando i linfociti del loro sistema immunitario hanno iniziato a produrre gli anticorpi IPA-specifici, gli scienziati li hanno isolati, prelevati e fatti crescere in coltura, in modo da ottenere una quantità sufficiente di anticorpi da inserire in un sensore elettronico sviluppato appositamente.
Gli esperimenti condotti dai ricercatori nel fiume Elizabeth, in Virginia, hanno dimostrato che il biosensore è in grado di processare campioni di acqua in meno di 10 minuti, e di rilevare livelli estremamente bassi di inquinanti. Inoltre, l’analisi dei campioni direttamente sul campo (e non in laboratorio) ha permesso una diminuzione significativa dei tempi e dei costi di analisi, pur mantenendo lo stesso livello di accuratezza delle tecnologie attuali.
“Se questi biosensori fossero posizionati vicino a uno stabilimento petrolifero e se ci fosse una perdita, lo sapremmo immediatamente” ha concluso Stephen Kaattari, uno degli autori dello studio. “E siccome potremmo identificare concentrazioni crescenti o decrescenti, potremmo anche seguire la dispersione della perdita in tempo reale”.
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