Aria pura, affari d’oro

    A saperci fare, anche vendere aria pura può essere un business miliardario. A patto di possedere la (costosa) tecnologia che permette di separare i gas principali che la compongono: l’ossigeno (21 per cento) e l’azoto (78 per cento). Quando sono puri questi gas sono infatti indispensabili in una quantità di processi industriali, dalla produzione dell’acciaio e di medicinali alla conservazione dei cibi. L’azoto è di gran lunga il “re” di questo mercato e i quattro maggiori produttori mondiali ne pompano ogni anno 30 milioni di tonnellate, con un giro d’affari di 22 miliardi di dollari. Ora, per la gioia dell’industria del gas, l’ultimo numero di Science annuncia che dagli Stati Uniti è in arrivo un nuovo materiale a base di carbonio che potrebbe rivoluzionare la tecnologia della separazione molecolare e permettere di ottenere ossigeno e azoto puri a un costo e con un dispendio di energia decisamente minori. E’ nato nei laboratori di ingegneria chimica dell’Università del Delaware, grazie a una collaborazione, guarda caso, con i ricercatori della Du Pont Corp., vale a dire uno dei colossi mondiali della chimica, e ai finanziamenti del Dipartimento dell’energia americano.

    Si tratta in sostanza di un filtro dai pori microscopici, larghi da 4,5 a 5 decimillionesimi di millimetro. Le molecole di ossigeno riescono ad attraversare questi pori circa 30 volte più velocemente di quelle di azoto, che sono un po’ più grandi. “Significa che soffiando aria attraverso questo materiale, ogni 30 molecole di ossigeno che passano una sola è di azoto”, spiega Mark Shifflett, ingegnere della Du Pont. E ripetendo alcune volte il processo si potrebbero ottenere i preziosi gas allo stato praticamente puro. Non solo: il filtro permette anche di separare altri gas come l’idrogeno, che passa 330 volte più veloce dell’azoto, e l’elio, 178 volte più rapido. “Vuol dire che il nostro materiale è molto efficace nel selezionare le molecole in base alla loro dimensione”, prosegue Shifflett. E i suoi scopritori, che lo hanno subito brevettato, pensano che potrebbe rivelarsi utile anche all’industria biotech per la separazione delle proteine.

    Henry Foley, che dall’Univeristà del Delaware ha guidato i lavori, spiega che il segreto sta tutto nelle molecole di fullerene, delle sfere costituite da una sessantina di atomi di carbonio che sono l’ingrediente fondamentale del nuovo materiale, e nella tecnica messa a punto per depositarle l’una accanto all’altra a formare il filtro. Il fullerene si forma a partire da un polimero liquido grazie a una sorgente di ultrasuoni. In questo modo le molecole non ruotano su sé stesse e si depositano molto delicatamente su un tubo di acciaio dove vengono “fissate” riscaldandole a 450 °C. Il procedimento viene ripetuto fino a ottenere uno strato di fullerene di 15-20 millesimi di millimetro in cui gli interstizi tra una sfera e l’altra costituiscono i minuscoli pori.

    Oggi, la separazione dei gas a livello industriale viene effettuata con due tecniche principali. La prima consiste nel raffreddare l’aria a circa -200 °C, temperatura alla quale l’azoto passa allo stato liquido separandosi dall’ossigeno. L’altra, detta Psa (Pressure Swing Adsorption), prevede l’impiego di sostanze la cui superficie “intrappola” le molecole dell’aria che vengono poi rilasciate selettivamente variando la pressione dell’ambiente circostante. Purtroppo entrambe queste tecniche richiedono molta energia e sono quindi assai costose. Il nuovo filtro al fullerene promette di risolvere, almeno in parte, il problema. Anche se prima di poterlo produrre su larga scala bisogna ancora perfezionarlo. “Dobbiamo migliorare la sua efficienza di almeno 10 volte senza perdere il suo potere selettivo”, conclude Foley, “ma sono ottimista e penso che potremo ottenere buoni risultati in un futuro non troppo lontano”.

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