Arrival, potremmo davvero interpretare una lingua aliena?

Louise Banks è l’eroe che non ti aspetti. Non è un pilota impavido, né un astronauta coraggioso e men che mai un militare. L’attrice Amy Adams in Arrival veste i panni di una linguista, scelta per comunicare con una razza di alieni a sette gambe con intenzioni tutt’altro che chiare. E la maggior parte del film corre via nel tentativo di comunicare con questi alieni che, secondo il racconto scritto da Ted Chiang che ha ispirato la pellicola, scrivono usando “fantasiose mantidi religiose, disegnate in corsivo, legate le une alle altre a formare un reticolo alla Escher”. Logogrammi alieni usati come parole, intere frasi o anche concetti, che stravolgono l’idea di tempo a cui noi siamo abituati e che porteranno Bank a modificare il suo stesso modo di pensare. Evitando gli spoiler e fuori dalla fantascienza, sarebbe mai possibile decodificare linguaggi alieni? Come funziona o potrebbe funzionare la comunicazione con specie diverse, di cui non sappiamo nulla? Esiste un linguaggio universale che potrebbe aiutarci? Quanto è difficile capirsi senza avere mezzi comuni? Ne abbiamo discusso con Andrea Moro, docente di linguistica alla Scuola universitaria superiore Iuss di Pavia e autore di Confini di Babele (Il Mulino) e di Impossible Languages (Mit Press).

Continua a leggere su Wired.it

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here