Dagli esopianeti al Big Bang, tutte le sfide dell’astronomia

Astronomia

La National Academy of Sciences, Engineering and Medicine ha pubblicato, il 4 novembre scorso, un report lungamente atteso, risultato della Decadal Survey for Astronomy and Astrophysics, una grande indagine condotta ogni decennio tra gli addetti ai lavori per definire le priorità della ricerca in astronomia negli anni a venire. Il report è intitolato Pathways to Discovery in Astronomy and Astrophysics for the 2020s, o più brevemente Astro2020, e si basa sulle informazioni contenute in 867 white papers, diverse sessioni pubbliche di raccolta di informazioni e 13 commissioni di esperti.“È una roadmap visionaria per il progresso della conoscenza”, ha commentato a Skyandtelescope Grant Tremblay, del Center for Astrophysics, Harvard & Smithsonian, membro di una delle proposte in lizza, la missione Lynx: “Sono profondamente grato che la commissione abbia mostrato una visione così ambiziosa nei confronti della costruzione di nuovi grandi osservatori”. Il progetto che per primo salta agli occhi riguarda infatti lo sviluppo, da parte della Nasa, di un telescopio spaziale dal diametro di 6 metri in grado di scrutare nell’infrarosso, nel visibile e nell’ultravioletto. Per la prima volta, inoltre, nell’indagine è stato incluso anche un panel concentrato non sulle strutture, ma sulle persone: il risultato è l’individuazione, tra le priorità, di maggiori investimenti nella diversità della forza lavoro, per garantire che le politiche degli enti di ricerca siano anti-discriminatorie.

I grandi temi

I grandi temi nella visione scientifica degli esperti che hanno condotto l’indagine sono tre. Primo: “mondi e stelle”, principalmente focalizzato sulla ricerca nell’ambito degli esopianeti, le cui missioni cercheranno di caratterizzare i sistemi planetari attorno ad altre stelle e, naturalmente, di cercare nuovi pianeti simili alla Terra, dando priorità ai progetti di imaging e a quelli finalizzati a ricostruire lo spettro di esopianeti potenzialmente abitabili. Secondo: “nuovi messaggeri e nuova fisica”, i cui progetti utilizzeranno le cosiddette “osservazioni multi-messaggero” (quelle in cui si studiano diversi “portatori di informazioni”, tra cui per esempio lo spettro elettromagnetico, le onde gravitazionali e le particelle cosmiche) per comprendere la natura della cosiddetta inflazione (la teoria secondo la quale l’Universo, poco dopo il Big Bang, abbia attraversato una fase di espansione estremamente rapida), della materia oscura e dell’energia oscura. Combinando le osservazioni multi-messaggero, gli astronomi sperano di ottenere nuove informazioni anche sulla natura e sul comportamento dei buchi neri, delle stelle di neutroni e degli eventi di fusione. Terzo: “ecosistemi cosmici”, i cui progetti lavoreranno per connettere e rendere coerenti tra loro gli attuali modelli teorici riguardanti la formazione e l’evoluzione delle galassie e diversi processi fisici specifici, al fine di riuscire a determinare il passato e il futuro delle galassie stesse. La motivazione principale che guida questa linea di ricerca è quella di capire come crescono le galassie analizzando il modo in cui i gas cosmici “guidano” la formazione delle stelle e, di conseguenza, l’evoluzione galattica. 

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La timeline messa a punto dagli esperti che hanno lavorato a Astro2020. NATIONAL ACADEMIES OF SCIENCES / ASTRO2020 DECADAL SURVEY

Il focus sui telescopi

Astro2020 enfatizza, in particolare, il cosiddetto Great Observatories Mission and Technology Maturation Program, un programma che dovrebbe guidare lo sviluppo di tecnologie ancora prima di focalizzarsi su missioni specifiche. Il primo elemento di questo programma è quello di cui parlavamo all’inizio, ossia la costruzione di un telescopio spaziale di 6 metri di apertura in grado di osservare nell’infrarosso, nel visibile e nell’ultravioletto. Si tratta di un progetto che cade nella prima area tematica, quella dedicata agli esopianeti, e che rappresenta una sorta di compromesso tra due grandi progetti dello scorso decennio, lo HabEx e LUVOIR, rispettivamente telescopi spaziali di 8 e 15 metri di apertura. 

Secondo le stime attuali, il progetto proposto dovrebbe raggranellare circa 11 miliardi di dollari entro i primi cinque anni di operazioni. Il lancio è previsto per l’inizio del decennio 2040-2050. Sempre nell’ambito delle osservazioni spaziali ci sono poi due altri telescopi, in grado di scrutare il cielo nei raggi X e nel lontano infrarosso: si tratta delle missioni Lynx e Origins, che dovranno sostituire gli attuali Chandra (che finora, tra l’altro, ha scattato foto incredibili) e Herschel quando sarà il momento del loro “pensionamento”. 

Comunque, non di soli telescopi spaziali vive l’astronomia. Nel rapporto trovano spazio anche due telescopi terrestri, rispettivamente il Giant Magellan Telescope, che dovrebbe essere costruito in Cile, e il Thirty-Meter Telescope, a Mauna Kei, nelle Hawaii, o a La Palma, in Spagna: gli esperti immaginano che lavorino di concerto, in un unico programma (il cosiddetto Extremely Large Telescope). E ancora: è menzionato anche il Cosmic Microwave Background Stage 4concept di una missione che scruterà il cielo per sette anni, dal Polo Sud, e i cui dati saranno integrati con quelli di un altro studio, condotto nel deserto di Atacama, in Cile, per mettere a punto una mappa ancora più dettagliata della radiazione cosmica di fondo, la traccia che rappresenta l’“eco” di quello che accadde nei primi attimi di vita dell’Universo, circa 400mila anni dopo il Big Bang.


Uno tsunami di onde gravitazionali, tra buchi neri e stelle di neutroni


Gli altri progetti

Ci sono poi, naturalmente, le onde gravitazionali: il rapporto raccomanda infatti di continuare gli investimenti in Ligo, il network di interferometri che per primi rivelarono le onde gravitazionali nel 2015, e di progettare strutture di nuova generazione. E, nell’area tematica dei nuovi messaggeri, lo studio dei neutrini ad alta energia, per i quali è prevista la costruzione,

Antartide, di un nuovo osservatorio, lo IceCube-Generation 2 Neutrino Observatory, che sostituirà (e migliorerà) l’attuale IceCube. Infine alcuni avvertimenti: oltre alla prevedibile richiesta di aumentare i finanziamenti dedicati alla ricerca in campo astronomico, gli autori del rapporto fanno notare che l’aumento del numero di satelliti in orbita – impossibile non citare, a questo proposito, la “megacostellazione” Starlink di SpaceX – farà sì che la bassa orbita terrestre sarà sempre più affollata, il che potrebbe inficiare le osservazioni da Terra, e chiedono in proposito l’implementazione di un sistema di regole adeguato.

Credits immagine: Nasa
Via: Wired.it