Attenti a quelle erbe

La medicina cinese ne fa uso da duemila anni. Noi occidentali li scopriamo adesso e sembra che non ne possiamo fare a meno. Balsami, infusi ed estratti di piante sono riusciti a conquistare, senza alcuna difficoltà, i banconi delle farmacie e la fiducia dei consumatori. Insieme a yoga, agopuntura e altre terapie “non convenzionali”, hanno contribuito a migliorare la qualità della vita di milioni di persone. Lo sostengono, più o meno entusiasti, tutti quei cittadini europei e statunitensi (uno su due, dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità) che hanno fatto ricorso, almeno una volta nella vita, a rimedi alternativi rispetto alle specialità farmaceutiche. Ma stanno veramente così le cose? L’Oms invita a una maggiore cautela. Perché l’utilizzo disinvolto di alcune piante medicinali può avere gravi conseguenze e perché la loro efficacia non sempre è stata scientificamente dimostrata. Inoltre, i controlli non sono ancora sufficienti a garantire la massima sicurezza. Galileo ha chiesto a Giancarlo Pepeu, professore di farmacologia all’Università di Firenze, di spiegare i motivi di questa “corsa alla natura” e le perplessità delle istituzioni internazionali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sembra preoccupata della diffusione incontrollata di rimedi naturali, venduti senza prescrizione medica e privi di qualunque avvertenza. È giustificato questo allarme?”Sì, perché la vendita di fitoterapici, almeno nel nostro paese, non è soggetta a controlli adeguati. Le norme sono ancora molto elastiche (la materia è regolamentata tuttora da una circolare ministeriale del 1981, ndr) e la sicurezza dei prodotti è a rischio”.Ma si tratta di piante, cosa può accadere di così grave? “Pensare che tutto ciò che proviene dalla natura sia privo di effetti collaterali è sbagliato. Non ci sono dubbi sulla tossicità della stricnina, della cicuta o dell’oleandro. Le piante inoltre hanno proprietà che possono variare in concomitanza di alcuni fattori. Per esempio, sarebbe importante saperne l’esatta provenienza, il periodo della raccolta, le modalità di conservazione o di essiccazione. Tutte queste informazioni non sono accessibili al consumatore, eppure sono fattori che incidono sulla qualità del prodotto e che possono anche provocare gravi conseguenze. Ci sono stati casi noti di intossicazione da piombo dovuta ai contenitori di metallo, per non parlare degli effetti collaterali che alcune erbe (Ephedra, ndr) possono avere su pazienti cardiopatici”.Ma l’efficacia terapeutica di questi prodotti è stata mai provata?”Il ricorso alla natura per la cura di malattie di vario tipo risale alla cultura contadina. Il sollievo dato dalla camomilla, dal biancospino o dalla malva ad alcuni disturbi è stato accertato dalla letteratura scientifica. Del resto è stato proprio un medico a pubblicare nel 1785 i risultati ottenuti dal trattamento di alcuni pazienti affetti da “idropisia” (edema diffuso) con un infuso di foglie di Digitale purpurea. Ciò significa che là dove le proprietà terapeutiche di una pianta sono evidenti, la medicina ufficiale non esita a farne ricorso. Ma la scomparsa di alcune malattie e il successo di alcuni approcci terapeutici sono dovuti all’impiego di farmaci sintetici, come gli antibiotici o i vaccini. È un dato oggettivo che bisognerebbe sempre ricordare”.Però può anche capitare che la medicina ufficiale venga vista con sospetto. Quali sono le ragioni di questo atteggiamento?”Si è passati dalla fase di estremo entusiasmo degli anni Cinquanta-Sessanta, dovuta ai grandi successi della medicina nella lotta ad alcune malattie come la tubercolosi, all’attuale fase di scetticismo e sfiducia. Il motivo credo debba essere ricercato nel forte impatto emotivo che la notizia di effetti collaterali, alcuni eclatanti, come quello della nascita di bambini focomelici in seguito all’assunzione di talidomide da parte di donne in stato interessante, ha avuto nel passato e ha oggi sull’opinione pubblica. Di fronte alle conseguenze drammatiche di questi episodi, ci si è persino dimenticati degli enormi benefici portati dai farmaci di laboratorio come i sulfamidici e la penicillina, o dall’impiego di norme igienico-sanitarie come la quarantena, introdotta per evitare la diffusione dei germi”.

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