La maggioranza degli italiani è scettica e prudente su un eventuale ritorno al nucleare, ma aumentano i favorevoli. Largamente condivisa, anche tra i contrari, la percezione di una situazione preoccupante sul piano energetico e della necessità di nuove strategie per il futuro.A scattare questa fotografia dell’opinione pubblica nei confronti all’energia atomica è uno studio di Observa, l’Osservatorio Scienza e Società. A vent’anni dal referendum che sancì il rifiuto del nucleare, oltre quattro italiani su dieci restano contrari a investimenti nazionali su questa forma di energia. Uno su tre, tuttavia, ritiene che l’Italia dovrebbe tornare a puntare sul nucleare, mentre uno su cinque non esprime alcun giudizio. Rispetto a una precedente indagine del 2003 i favorevoli sono aumentati dal 22 per cento al 35 per cento, mentre i contrari sono diminuiti dal 56 per cento al 43 per cento. Le motivazioni risiedono soprattutto nella necessità di non dipendere eccessivamente dai paesi produttori di petrolio (38 per cento), dall’insufficienza delle attuali fonti energetiche e dal fatto che altri paesi industrializzati abbiano centrali nucleari. Gli intervistati sembrano meno sensibili, invece, al fatto che anche le forme di produzione di energia più tradizionali comportano delle conseguenze per l’inquinamento. Tra i contrari spicca la preferenza per le fonti alternative (45 per cento), la pericolosità dei processi di smaltimento delle scorie, il fatto che nessun comune sarebbe disposto a ospitare una centrale, l’intrinseca rischiosità degli impianti nucleari. Pochi negano l’opzione nucleare negando che vi sia per l’Italia un problema di approvvigionamento energetico. La motivazione dei contrari che negli ultimi due anni aumenta in modo più significativo è la prevedibile opposizione dei residenti nell’area prescelta (dal 5 al 17 per cento). Un aspetto legato probabilmente alla serie di mobilitazioni, da Scanzano Jonico alla Val di Susa, che ha caratterizzato il nostro Paese negli ultimi tempi. (a.c.)
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