Categorie: Società

Austria, ecco le sentinelle del plutonio

Circa 20 mila testate nucleari e la più grande riserva mondiale (circa 600 tonnellate) di uranio arricchito e di plutonio: ecco l’eredità lasciata dalla guerra fredda. Oggi questo materiale è in gran parte immagazzinato in laboratori, centri di ricerca civili e in cantieri navali nei vari paesi dell’ex Unione Sovietica. I grossi cambiamenti politici e infrastrutturali di quest’aerea hanno portato a una più lasca supervisione di tali armamenti, attirando gli interessi di contrabbandieri e loschi trafficanti. Parte del materiale fa gola a paesi con l’ambizione di costruirsi un proprio arsenale nucleare, ma la maggior parte del contrabbando coinvolge isotopi radioattivi a scopo medico e perfino avanzi di metalli contaminati.

Il pericolo è grande: dalla produzione “in nero” di armi nucleari e di attività terroristiche al rischio di incidenti (ben 370 incidenti a livello mondiale negli ultimi otto anni, e se l’amministrazione Bush taglierà i fondi per la salvaguardia degli armamenti nucleari ex-sovietici, come ha vagliato di fare, il rischio non potrà che crescere). In una recente conferenza a Stoccolma la Iaea (International Atomic Energy Agency) ha lanciato l’allarme e suggerito una serie di iniziative da prendere a livello europeo per attrezzare i posti di blocco alle frontiere. Alcuni paesi si sono già mossi in questa direzione: è il caso dell’Austria con il programma Itrap (Illicit Trafficking Radiation Detection Program), finanziato dal governo austriaco e portato avanti dai ricercatori dell’Austrian Research Center Seibersdorf. Lo studio, condotto dal settembre ‘97 al settembre 2000, ha avuto lo scopo di sperimentare e selezionare strumenti e tecniche di rivelazione del materiale nucleare. I risultati sono stati presentati recentemente dalla Iaea come linee guida per i sistemi di monitoraggio internazionali.

Due le località geografiche scelte per il monitoraggio: al confine austro-ungherese, presso Nickelsdorf, e all’aeroporto internazionale di Vienna. “Lo studio è stato ampiamente annunciato a livello internazionale”, ha commentato Peter Beck, project manager dell’Itrap, “per cui non ci aspettavamo di trovare contrabbandieri. Il nostro è stato uno studio puramente sperimentale”. Niente armi nucleari scovate dunque, e tuttavia l’operazione ha riservato sorprese. Per esempio, su circa 900 camion che attraversano ogni giorno il confine austro-ungherese, in un periodo di sei mesi una media di 13 veicoli al giorno ha fatto scattare qualche tipo di allarme. Le cause più comuni vanno dai ritagli di metallo contaminato a carichi di mirtilli misteriosamente inquinati con cesio radioattivo. Le cose sono andate un po’ meglio all’aeroporto, con una media di otto allarmi scattati al giorno. In entrambi i casi la percentuale di falsi allarmi è stata molto bassa (0,01 per cento).

L’operazione è cominciata con la selezione della strumentazione adatta per rivelare radiazioni gamma e neutroni secondo i criteri dettati dalla Iaea, e con l’addestramento delle guardie aeroportuali e dei posti di blocco a Nickelsdorf. “Siamo molto grati alla polizia doganale e a tutti gli ufficiali coinvolti nel progetto per la loro collaborazione e il loro interesse nella nostra attività di ricerca”, ha dichiarato Beck. Ogni apparecchio installato è stato collegato a distanza con i centri dell’Austrian Research Centers, così che un esperto del centro fosse sempre disponibile.

Nel suo report finale Beck sottolinea come lo studio Itrap abbia dettato le battute d’inizio della lotta al contrabbando nucleare, ma il lavoro da fare è ancora molto: per esempio è stato rilevato come alcuni veicoli piuttosto vecchi possano interferire con gli apparecchi elettronici facendo scattare i rilevatori a neutroni. E ancora che la strumentazione finora disponibile non riesce a distinguere piccole quantità di materiale illegale quando questo viene nascosto in un grosso carico di isotopi legalmente trasportabili: quando varie specie di isotopi sono presenti, gli apparecchi “vedono” soltanto quelli in maggior numero. Per questo si sta sperimentando una nuova generazione di rilevatori portatili con una migliore risoluzione e soprattutto una maggiore probabilità di distinguere varie specie di isotopi.

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