Quando il bibliotecario è un robot

(Immagine: Pixabay)

Negli ultimi vent’anni, grazie alle profonde trasformazioni legate allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione, i sistemi di gestione bibliotecaria hanno subito una significativa evoluzione. E siamo solo all’inizio: come riportato in questo articolo, infatti, la A*STAR (Agency for Science, Technology and Research) di Singapore ha sviluppato un robot in grado di agevolare in modo determinante il compito dei bibliotecari umani.

AuRoSS (Autonomous Robotic Shelf Scanning), questo il nome del sofisticato automa, è in grado di percorrere in completa autonomia i corridoi della biblioteca, leggendo con uno scanner i tag Rfid (in pratica, dei codici a barre) posizionati sui volumi e appositamente utilizzati per la loro identificazione, allo scopo di produrre un report sulle unità mancanti all’appello o in posizioni errate. Un compito che, a dispetto dell’apparente semplicità, è tutt’altro che facile dal punto di vista tecnico: infatti, un robot in grado di percorrere i meandri di una vasta biblioteca deve essere munito di ruote in grado di sterzare in modo autonomo quando si raggiunge la fine di un corridoio, e non deve essere troppo vicino agli scaffali, per evitare urti che danneggino i volumi, ma neanche troppo lontano, per essere in grado di leggere col suo scanner i codici a barre. Una difficoltà ulteriore consiste nel munire il robot di una capacità autonoma di navigare nella biblioteca senza perdersi né duplicare inutilmente cammini già percorsi: considerando la scarsa accuratezza delle mappe geografiche su una scala relativamente ridotta, e gli inevitabili problemi di precisione del segnale Gps, i ricercatori di A*STAR hanno optato per un sistema a ultrasuoni che rendesse AuRoSS capace di vedere le superficie degli scaffali.

Il sensore ultrasonico viene utilizzato con una doppia finalità: oltre a rilevare le superficie di cui AuRoSS si serve come riferimento per orientarsi, fornisce anche il feedback necessario per posizionare un braccio robotico miniaturizzato che regge l’antenna dello scanner Rfid. Tutte queste operazioni vengono eseguite in condizioni di scarsa illuminazione (AuRoSS è concepito per lavorare principalmente di notte, quando la biblioteca è vuota), in completa autonomia e in tempo reale, consentendo di mappare i volumi presenti e rilevare quelli mancanti con una accuratezza prossima al 100%.

Naturalmente ci si può chiedere che impatto possa avere lo sviluppo di manodopera robotica, anche per operazioni, come la gestione di una biblioteca, ritenute non molto tempo fa fuori dalla portata delle macchine. In questo senso è emblematico il caso di Amazon, che utilizza quotidianamente una flotta di migliaia di robot per la logistica. Si tratta dei Kiva, automi in grado di effettuare movimenti tra gli scaffali delle merci, oltre che operazioni di carico e scarico. Sfruttando un’algoritmica avanzata e opportune architetture di sensori, i Kiva sono in grado di coordinare le proprie missioni e i propri movimenti per ottimizzare i percorsi e minimizzare i tempi di missione, coordinandosi in modo estremamente efficiente tra di loro.

E a chi sosteneva che i posti di lavoro sarebbero diminuiti a causa della sostituzione degli addetti umani con i robot, il colosso di Seattle ha replicato con un massiccio piano di assunzioni di personale (stavolta umano). In effetti, come emerge da quest’articolo pubblicato sulla MIT Technology review, nella strategia di Amazon gli automi costituiscono solo un tassello di un complesso sistema ibrido umano-robotico. All’inizio del processo, un sistema di visione artificiale riconosce i prodotti prima che vengano impacchettati. Dalla parte opposta del magazzino, operatori umani impacchettano le merci per la spedizione col supporto di una unità centrale di elaborazione. Le unità recuperate dal magazzino vengono automaticamente identificate e ordinate in base alla destinazione.

Il sistema centralizzato, che conosce le dimensioni di ogni prodotto, può automaticamente individuare la scatola opportuna, utilizzando in seguito anche un sistema di pesatura per escludere errori di impacchettamento. Il tutto avviene in una perfetta simbiosi uomo-macchina, che prevede una sorta di “sinfonia” di processo tra il software, l’apprendimento automatico, l’algoritmica e gli esseri umani.

Gianpiero Negri

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