Categorie: Vita

BIL Gates, il computer è nella cellula

Si chiama BIL Gates e il riferimento al mondo dell’informatica non è casuale. Malgrado infatti la natura, prettamente biologica, BIL Gates (Boolean Integrase Logic Gates) è un sistema di porte logiche basate su un transistor biologico, che promette di portare i calcolatori all’interno delle cellule. Per farne cosa? Magari per programmarle, in modo che possano tener traccia dell’esposizione a un particolare stimolo ambientale, o magari per accendere o spegnere la riproduzione cellulare a comando. Il transistor biologico, chiamato transcriptor, è stato presentato sulle pagine di Science.

A guidare la ricerca è stato un team di scienziati composto anche da Drew Endy della Stanford University, lo stesso che lo scorso anno aveva presentato al mondo la sua idea su come utilizzare il Dna come memoria digitale. Stavolta Endy e il suo team hanno aggiunto un pezzo in più al loro progetto di un computer biologico, il transcriptor appunto. 

Il transistor è un componente che controlla il flusso di elettroni in un circuito, funzionando da amplificatore e interruttore. Nell’analogo biologico potremmo immaginare il Dna come il circuito e l’Rna polimerasi come gli elettroni, il cui flusso lungo il Dna (l’Rna polimerasi è un enzima che sintetizza catene di Rna a partire dal Dna) è controllato dal transcriptor

Il cuore di questo transistor biologico è costituito da una classe di enzimi: le ricombinasi, in pratica una sorta di taglia e cuci del Dna, che mediano il riarrangiamento del materiale genetico in diversi modi. E proprio queste proteine, come spiega Endy, sono state utilizzate dai ricercatori per esercitare una sorta di controllo digitale sul flusso della Rna polimerasi sul Dna, e quindi per creare degli analoghi delle porte logiche, che in elettronica sono circuiti in grado di realizzare operazioni che implementano la logica booeliana (del genere 1 o 0 o vero o falso). In pratica sono sistemi che producono dei risultati a partire da più segnali in ingresso. 

Lo stesso metodo è stato usato dai ricercatori: semplificando, si inducono dei cambiamenti nel genoma della cellula (con le ricombinasi) che a loro volta determinano delle variazioni nelle attività cellulari che possono poi essere rivelate attraverso la produzione o meno di un trascritto o di una proteina. Ovvero: dati degli input si riesce a programmare la cellula perché effettui o meno una determinata attività, perché variando, anche di poco la concentrazione di questi enzimi si riesce a controllare il flusso della polimerasi lungo il Dna

Giocando sull’organizzazione dei diversi componenti (geni, promotori e interruttori della trascrizione e siti di riconoscimento delle ricombinasi) si possono creare diverse porte logiche: i ricercatori, infatti, hanno costruito plasmidi corrispondenti a tante porte logiche e di ognuno hanno testato il funzionamento, confrontando i dati ottenuti (l’espressione variabile dell’output, in questo caso una proteina fluorescente) con quelli attesi. Inoltre gli scienziati hanno osservato che un circuito biologico così costituito è adatto a produrre segnali con un buon livello di amplificazione

Un analogo biologico dei computer potrebbe permettere di inserire una gran quantità di programmiall’interno di una cellula, che mirino a registrare, per esempio, tanto la quantità di un inquinante quanto la progressione di una malattia, come spiega anche Jerome Bonnet, a capo dello studio: “Con questo sistema, per esempio, si potrebbe cercare di capire se una data cellula è stata esposta a un qualsiasi numero di stimoli esterni – la presenza di glucosio e di caffeina, per esempio. BIL Gates permetterà di stabilire tutto questo e di immagazzinare questa informazione così da identificare facilmente le cellule che sono state esposte da quelle che non lo sono state”.  

Via: Wired.it

Credits immagine: Guillaume Goyette/Flickr

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

Visualizza i commenti

  • Più che un transistor inserito nel “circuito” io vedrei meglio un microprocessore dedicato,comunque l’importante ai fini pratici è che abbia un buon livello di affidabilità e di amplificazione.
    Articoli come questo rinforzano l’dea che ho su una possibile chiave di lettura del DNA,infatti penso che dovrebbe consistere in un indirizzamento a più livelli energetici con due punti di riferimento,la membrana nucleare e quella cellulare.

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