Un tempo li immaginavamo rigidi, ingombranti, impacciati. Ammassi di metallo e circuiti che si muovono lentamente e parlano con voci asettiche. Oggi sta cambiando tutto: i robot del futuro sono macchine morbide, aggraziate, bio-ispirate, in grado di replicare con naturalezza gesti e comportamenti di un essere vivente (qualcuno ha pensato ai cyborg di Westworld?). Per costruirli si usano nuovi materiali soft, silicone, polimeri high tech, nanomateriali. E in alcuni casi, si fa anche di più. È la cosiddetta robotica bioi-brida: automi che integrano tessuti e cellule viventi insieme a componenti elettronici e strutture sintetiche più tradizionali. Autentici cyborg insomma, pensati per replicare ancor più fedelmente le prestazioni di un corpo biologico, garantendo al contempo la precisione e l’affidabilità di un dispositivo elettronico. Un buon esempio arriva proprio in questi giorni dal Giappone: una sorta di dito robotico, in grado di muoversi e manipolare piccoli oggetti sotto la spinta di due fasci di muscoli biologici.