Alzheimer e diagnosi precoce, Italia in prima fila

    “Nella lotta contro l’Alzheimer, la via maestra non può che essere la diagnosi precoce”. Ne è convinto, insieme a moltissimi colleghi, Nicola Colabufo, professore associato di Chimica farmaceutica all’Università degli Studi Aldo Moro di Bari. Con altri quattro docenti universitari, Colabufo ha messo in piedi uno spin-off universitario la cui missione è, appunto, sconfiggere l‘Alzheimer battendolo sul tempo.

    La specialità dello spin-off barese, chiamato BioForDrug, consiste nei radiotraccianti, sostanze di contrasto concepite per essere utilizzate nella PET, tecnica di diagnostica medica basata sulla produzione di bioimmagini. “Una volta iniettate, queste molecole vanno a legarsi al target biologico e iniziano a emettere radiazioni”, spiega Colabufo. Nel caso dell’Alzheimer, il bersaglio di riferimento è una proteina chiamata glicoproteina P che si trova nell’interfaccia tra cervello e ambiente esterno. Questa proteina ha la funzione di ripulire il cervello dalla formazione di placche della proteina beta-amiloide, una delle cause conclamate della malattia. In particolare, il radiotracciante sviluppato dai ricercatori baresi è in grado di monitorare lo stato di salute della glicoproteina, evidenziando eventuali malfunzionamenti fino a dieci anni dalla comparsa dei primi sintomi.

    “La proteina, infatti, si ammala in forma silente almeno 5-10 anni prima che la sintomatologia diventi evidente”, precisa Colabufo. “Quando smette di funzionare a dovere, nel cervello si sbilancia l’accumulo di beta-amiloide e da lì cominciano i danni neuronali e tutto il resto. Il punto – prosegue il ricercatore – è che quando un paziente arriva in clinica ha già perso il 70 per cento del suo corredo neuronale. Poter monitorare con 10 anni di anticipo le condizioni di questa proteina consente un intervento terapeutico di cristallizzazione molto più efficace”.

    Su questo aspetto, in particolare, il gruppo barese ha le idee molto chiare. “Spesso sentiamo dire che non c’è terapia in grado di contrastare l’Alzheimer. Una cura forse già ci sarebbe, solo che deve essere iniziata il più presto possibile e ha bisogno di strumenti di monitoraggio adeguati” (secondo la comunità scientifica, la scarsa efficacia di molti farmaci in fase di sperimentazione è da attribuire al tardivo intervento, ndr).

    Per spiegarsi, Colabufo paragona il cervello umano alla Grande Muraglia cinese. “Lungo la Muraglia ci sono diverse postazioni difensive. Nel caso del cervello, le postazioni sono composte dalla glicoproteina P, che è capace al tempo stesso sia di respingere gli attacchi di sostanze che dall’esterno cercano di entrare nel sistema nervoso centrale, sia di ripulire dall’interno il cervello dalla formazione di placche. In condizioni normali, supponiamo che ci siano cento di queste postazioni. All’inizio della patologia ne sarà fuori uso una ventina. È però possibile, in fase precoce, incentivare le altre ottanta a svolgere l’attività di tutte e cento. Se invece ce ne sono solo trenta funzionanti, ormai è tardi: sobbarcandole di lavoro, si corre il rischio di metterle fuori gioco ancor prima”. Il fatto – continuano i ricercatori – è che esistono dei composti in grado di spronare queste proteine a far sì che non si accumuli placca all’interno del cervello, impedendo così alla malattia di progredire. La variabile tempo, però, è fondamentale.

    I composti di BioForDrug, sviluppati in collaborazione con due aziende baresi, Itelpharma e Levanchimica, sono utilizzati da ricercatori olandesi di Groningen e Amsterdam e sono entrati a far parte dell’archivio MICAD dei National Institutes of Health di Bethesda tra i migliori radiotraccianti di frontiera.

    L’aspetto più allettante di questa tecnologia è la sua capacità di predire quale parte del cervello sarà più suscettibile al progredire della patologia: ad esempio, se si andrà incontro a una rapida perdita della memoria oppure se sarà coinvolto l’aspetto depressivo. “Grazie ai nostri radiotraccianti – spiega Colabufo – con l’imaging diagnostico è possibile individuare la zona del cervello maggiormente inficiata dal danno. Avendo a disposizione queste informazioni, si possono intraprendere terapie non solo di cristallizzazione, ma anche di programmazione dell’individuo dal punto di vista psicologico e comportamentale, sicuramente migliorandone di molto aspettative e qualità di vita”. 

    L’elemento centrale, in ogni caso, è la tempistica con cui avviene la diagnosi. “Una volta arrivati alla fase clinica conclamata della malattia, c’è poco da fare: è già avvenuta una distruzione irreversibile dei neuroni”, ribadisce Colabufo. A quel punto, è come avere una macchina in discesa senza freni che va contro un muro. L’unica possibilità è spostare il muro un po’ più in là, ma ci vuole comunque tempo e la macchina scende molto velocemente”.

    A ricordarci l’urgenza di questa sfida ci sono anche i numeri: oggi in Italia la diagnosi di Alzheimer colpisce un milione di pazienti; 40 milioni nel mondo. Si calcola che dal 2015 saranno malati un ottantenne su tre e un settantacinquenne su quattro. Costi insostenibili per qualunque sistema sanitario, senza parlare della sofferenza – quella sì, davvero incalcolabile – per i pazienti e le loro famiglie.

    “Siamo consapevoli dell’importanza di questa battaglia”, afferma Colabufo. “Abbiamo concentrato qui tutta la nostra attività scientifica. La decisione di costituirci in spin-off deriva dalla volontà di portare la nostra ricerca a un livello ancora più applicativo”. Al team non sfugge certo la differenza, anche in termini di attrattiva per gli investitori, della sua creatura rispetto alle tante giovani imprese che ogni giorno tentano di farsi strada nel mare magnum del panorama italiano. “A differenza di molte altre startup, soprattutto quelle focalizzate su web e servizi internet, la nostra ha un pregio: non crea nuovi bisogni, ma si sforza di risolvere problemi già esistenti”, argomenta il CEO. “L’investitore che punta su di noi rischia di più in termini di fatturato immediato, ma contribuisce alla risoluzione di drammi reali che affliggono milioni di famiglie”.

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