Scienza made in Italy (o by Italians)

    Il primo studio che presentiamo questa settimana è stato condotto dall’Istituto Telethon Dulbecco di Padova e pubblicato sulle pagine di EMBO – Molecular Medicine. I ricercatori hanno dimostrato che, nella corea di Huntington, i mitocondri presentano alterazioni nella forma e nella struttura che si traducono in veri e propri segnali di morte per i neuroni. Gli scienziati, guidati da Luca Scorrano e Veronica Costa, hanno anche identificato la proteina – Drp1 – causa del cambiamento di forma degli organelli cellulari. Bloccando l’attività della proteina in cellule prelevate da pazienti colpiti dalla malattia, i ricercatori sono riusciti a ripristanre la struttura originale dei mitocrondri e hanno arrestato il processo degenerativo (Mitochondrial fission and cristae disruption increase the response of cell models of Huntington’s disease to apoptotic stimuli doi:10.1002/emmm.201000102).

    I ricercatori dell’Università Sapienza di Roma e della IRCSS Fondazione Santa Lucia propongono un nuovo approccio farmacologico per tenere sotto controllo la fenilchetonuria. Lo studio, coordinato da Tiziana Pascucci e pubblicato sull’International Journal of Neuropsycopharmacology, ha sperimentato su un modello animale la somministrazione del precursore della serotonina, il 5-idrossitriptofano (5-HTP), già in commercio e utilizzato nel trattamento di alcuni disturbi psichici. I risultati hanno mostrato che la molecola non solo era ben tollerata e non provocava effetti collaterali, ma penetrava facilmente nel cervello, fornendo la base per la produzione della serotonina. I test clinici effettuati dopo il trattamento hanno evidenziato effetti positivi sia sulle capacità cognitive sia sulla morfologia dei neuroni (5-Hydroxytryptophan during critical postnatal period improves cognitive performances and promotes dendritic spine maturation in genetic mouse model of phenylketonuria doi: 10.1017/S1461145710001288).

    Infine, alcuni ricercatori italiani (L. M. Luiselli e L. Rugiero dell’Istituto di studi ambientali Demetra, e G. Amori dell’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Cnr) sono tra le firme di un articolo uscito su Biology Letters in cui is lancia l’allarme per i serpenti: sarebbero sempre meno. I ricercatori hanno studiato 17 popolazioni di otto diverse specie in Inghileterra, Francia, Italia, Nigeria e Australia. Undici di queste hanno mostrato una rapida diminuzione nel numero degli individui, cinque sono rimasti abbastanza stabili e una soltanto ha mostrato segni di incremento. Secondo gli scienziati, il problema sarebbe particolarmente grave in virtù del ruolo di predatori di questi rettili: un declino marcato avrebbe conseguenze molto gravi per l’equilibrio di molti ecosistemi (Are snake populations in widespread decline? doi: 10.1098/rsbl.2010.0373). 

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