Scienza made in Italy (or by Italians)

    Settimana molto ricca di pubblicazioni con nomi italiani: cancro e Alzheimer, ma anche ammassi di galassie, neuroscienze e fisica.

    Su PloS Biology, Cristina Santoriello e Marina Mione dell’Istituto di oncologia molecolare di Milano, co-firmano – insieme ai ricercatori della University of Bristol e della University of Manchester – uno studio in cui mostrano come le cellule cancerose neoformate sfruttino il sistema immunitario per diffondere la malattia. Secondo la ricerca, compiuta sui pesci zebra, le cellule del tumore hanno meno probabilità di proliferare se si impedisce loro di entrare in contatto con i globuli bianchi (“Live Imaging of Innate Immune Cell Sensing of Transformed Cells in Zebrafish Larvae: Parallels between Tumor Initiation and Wound Inflammation; doi: 10.1371/journal.pbio.1000562).

    Su Nature Neuroscience, invece, i ricercatori Telethon, guidati da Francesco Cecconi dell’Irccs Fondazione Santa Lucia e dell’Università Tor Vergata di Roma, hanno chiarito alcuni meccanismi molecolari alla base della mancata comunicazione neuronale che nel tempo porta alla perdita di memoria e al declino cognitivo nell’Alzheimer. Hanno identificato un elemento chiave nella proteina caspasi 3. Secondo gli autori, lo studio potrebbe aiutare la diagnosi precoce della malattia (Caspase-3 triggers early synaptic dysfunction in a mouse model of Alzheimer’s disease” doi:10.1038/nn.2709).

    Di Alzheimer si occupa anche Salvatore Oddo dell’UT Health Science Center San Antonio sulle pagine di Pnas (Proceedings of National Academy of Science). Il ricercatore sarebbe stato in grado di ripristinare i processi di apprendimento e memoria in topi colpiti dal morbo, aumentando i livelli di una proteina chiamata CBP (CBP gene transfer increases BDNF levels and ameliorates learning and memory deficits in a mouse model of Alzheimer’s disease; doi:10.1073/pnas.1012851108).

    Su Neuroimage, un gruppo di ricerca interdisciplinare dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ha mostrato, per la prima volta, che alcune aree del cervello si attivano davanti alle emozioni altrui, e che quest’attività risulta in un processo di apprendimento in grado di influenzare le scelte successive. Come se le emozioni fossero provate in prima persona (A neuroimaging study of decisional interactive-learning; doi:10.1016/j.neuroimage.2010.11.065).

    Stefano Andreon,  astrofisico dell’INAF-Osservatorio di Brera, insieme a Marc Huertas-Company dell’Osservatorio Astronomico di Parigi-Meudon, mettono in crisi i più accreditati modelli di formazione delle galassie e degli ammassi di galassie con una ricerca pubblicata su Astronomy & Astrophisics. Lo studio riguarda in particolare l’ammasso JKCS041 e afferma che si tratta del più lontano (e quindi più antico) mai osservato. Quando l’Universo non aveva nemmeno un quarto dell’età attuale, JKCS041, con i suoi 10 miliardi e 620 milioni di anni, era già lì e non era diverso dagli ammassi digalassie odierni. Ma non è questo il problema. Secondo i modelli più recenti, l’ammasso non dovrebbe trovarsi lì: è troppo vecchio (Red sequence determination of theedshift of the cluster of galaxies JKCS 041: z ~ 2.2; doi:10.1051/0004-6361/201015610).

    Infine, uno studio che ci eravamo persi per strada. Lo scorso novembre, Alessandro Zavatta e Marco Bellini dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Ino-Cnr), insieme a un collega dell’Università ceca di Olomouc, hanno raccontato su Nature Photonics la sperimentazione di un ‘amplificatore perfetto’, in grado di aumentare un segnale ma non il disturbo originario, e senza aggiungere alcun rumore. “Utilizzando tale sistema si potranno effettuare nuovi tipi di misure ultrasensibili, realizzare ripetitori quantistici per ricostruire i più deboli impulsi delle reti di comunicazione, e amplificare il cosiddetto ‘entanglement’, la particolare forma di correlazione tra particelle distanti che Einstein non riusciva ad accettare, ma che è invece alla base dei concetti più avanzati di computer quantistico”, spiegano i ricercatori(A high-fidelity noiseless amplifier for quantum light states; doi:10.1038/nphoton.2010.260).

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