Scienza made in Italy (or by Italians)

    Apriamo la nostra rassegna con due studi sulle cellule staminali, questa settimana. Poi geni mutanti bifronte, nanolaser e la segnalazione di due premi.

    Secondo uno studio della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Genova e dell’Ospedale Gaslini, pubblicato su Pnas, le staminali mesenchimali sono in grado di inibire l’azione di particolari cellule chiamate dendritiche  impedendo loro di interagire con i linfociti T del sistema immunitario. Così le staminali isolate dal midollo osseo modificano in vivo la risposta immunitaria, e potrebbero dunque rappresentare un’opportunità nella cura della sclerosi multipla: potrebbero infatti essere utilizzate per proteggere le cellule nervose, vista la loro capacità di bloccare le cellule del sistema immunitario che aggrediscono le proteine della mielina, la guaina che riveste i nervi (Sabrina Chiesa, Silvia Morbelli, Sara Morando, Michela Massollo, Cecilia Marini, Arinna Bertoni, Francesco Frassoni, Soraya Tabera Bartolomé, Gianmario Sambuceti, Elisabetta Traggiai, Antonio Uccelli – “Mesenchymal stem cells impair in vivo T-cell priming by dendritic cells”, Pnas doi: 10.1073/pnas.1103650108).

    Grazie a una collaborazione tra l’Università di Firenze, l’Ospedale Meyer e il Montreal Children Hospital, in Canada, è stato scoperto il primo gene che determina nei bambini la modifica della funzione delle cellule staminali nel rene, causando la comparsa di ipoplasia renale (patologia che porta a uno sviluppo anormale dell’organo e che rappresenta una delle cause più frequenti di dialisi in età pediatrica). Il gene in questione è chiamato OSR1: la sua alterazione può provocare, già alla nascita, reni più piccoli del normale. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Human Molecular Genetics (Zhao Zhang, Diana Iglesias, Nicoletta Eliopoulos, Reyhan El Kares, LeeLee Chu, Paola Romagnani, and Paul Goodyer – “A variant OSR1 allele which disturbs OSR1 mRNA expression in renal progenitor cells is associated with reduction of newborn kidney size and function”, Human Molecular Genetics; doi: 10.1093/hmg/ddr341).

    Scoperto un gene mutante dall’effetto bivalente: se presente entro una certa quantità nelle cellule tumorali, ne favorisce la diffusione, ma al di sopra della quantità limite la inibisce. Lo studio, pubblicato su Cancer Research, è dell’Università di Bologna, e il gene, per questa sua caratteristica, si è meritato il nome di onco-Giano (dal mitologico Giano bifronte). I ricercatori hanno anche spiegato il meccanismo biochimico con cui esso, quando è in abbondanza, può arrestare la crescita dei tumori, aprendo così la strada a nuove terapie in procinto di sperimentazione (Giuseppe Gasparre, Ivana Kurelac, Mariantonietta Capristo, Luisa Iommarini, Anna Ghelli, Claudio Ceccarelli, Giordano Nicoletti, Patrizia Nanni, Carla De Giovanni, Katia Scotlandi, Christine M. Betts, Valerio Carelli, Pier Luigi Lollini, Giovanni Romeo, Michela Rugolo, Anna Maria Porcelli – “A mutation threshold distinguishes the anti- tumorigenic effects of the mitochondrial gene MTND1, an oncojanus function”, Cancer Research; doi:10.1158/0008-5472.CAN-11-1042).

    Grazie a un allenamento muscolare localizzato, i pazienti con scompenso cardiaco possono ottenere un significativo miglioramento della massima capacità aerobica, con importanti conseguenze sul piano terapeutico e riabilitativo e sulla loro qualità di vita. Questo è quanto scoperto da uno studio condotto dalla Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Milano, in collaborazione con le università della California di San Diego (UCSD) e dello Utah, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology (Fabio Esposito, Van Reese, Ralph Shabetai, Peter D. Wagner, Russell S. Richardson – “Isolated Quadriceps Training Increases Maximal Exercise Capacity in Chronic Heart Failure”, Journal of the American College of Cardiology; doi:10.1016/j.jacc.2011.06.025).

    I ricercatori italiani della Sapienza e dell’Istituto per la Scienza dei Materiali di Madrid hanno trovato il sistema per “aggiustare” il profilo luminoso del laser di pompa che alimenta i nanolaser usati in microscopia e in chirurgia, i quali, attualmente, funzionano emettendo la luce in maniera non controllata. In questo modo, gli scienziati sono stati in grado di controllare la luce emessa dalle nanoparticelle e, dunque, il funzionamento di questi laser altamente miniaturizzati (10 milionesimi di metro), aprendo notevoli prospettive per la nano-fotonica. Lo studio è stato pubblicato su Nature Photonics (Marco Leonetti, Claudio Conti & Cefe Lopez – “The mode-locking transition of random lasers”, Nature photonics; doi:10.1038/nphoton.2011.217).

    Nella pratica medica esistono delle specie di bignami, in inglese “point-of-care summaries“, consultabili rapidamente su computer portatili, smartphone e altri dispositivi, che supportano il medico nelle decisioni cliniche. Ma non sono tutti equivalenti. Alcuni ricercatori dell’Istituto Mario Negri, della Statale di Milano e dell’Università di Modena Reggio-Emilia hanno misurato la velocità di aggiornamento dei principali point-of-care summaries internazionali, trovando delle differenze: Dynamed è risultato nettamente migliore degli altri nella capacità e velocità di aggiornamento, Ebm Guidelines e UpToDate avevano una capacità di aggiornamento intermedia, mentre eMedicine e Clinical Evidence si aggiornavano molto lentamente. Lo studio italiano è stato pubblicato sul British Medical Journal (Rita Banzi, Michela Cinquini, Alessandro Liberati, Ivan Moschetti, Valentina Pecoraro, Ludovica Tagliabue, Lorenzo Moja – “Speed of updating online evidence based point of care summaries: prospective cohort analysis”, British Medical Journal; doi: 10.1136/bmj.d5856).

    Quando ci troviamo in un ambiente familiare le cui caratteristiche cambiano improvvisamente, nell’ippocampo (area del cervello determinante per la formazione dei ricordi e della memoria spaziale), la mappa neuronale corrispondente al nuovo ambiente si attiva rapidamente ma non istantaneamente: per una manciata di secondi, infatti, la realtà circostante sembra incomprensibile e regna l’incertezza. Questa scoperta, pubblicata su Nature, è stata effettuata al Centre for the Biology of Memory del Kavli Institute for Systems Neuroscience in Norvegia da un team internazionale di ricercatori, tra cui Alessandro Treves, neuroscienziato della Sissa di Trieste (Karel Jezek, Espen J. Henriksen, Alessandro Treves, Edvard I. Moser & May-Britt Moser – “Theta-paced flickering between place-cell maps in the hippocampus”, Nature; doi: 10.1038/nature10439).

    I dati raccolti da Meg, uno dei principali esperimenti di fisica delle particelle del Paul Scherrer Institute (Psi), in Svizzera, a cui collaborano anche ricercatori dell’Infn, negli ultimi due anni escludono fino a una minima soglia di probabilità l’esistenza di un processo a lungo cercato dai fisici di tutto il mondo e decisivo per dimostrare che la Supersimmetria esiste davvero: il decadimento del muone in positrone più fotone. Secondo lo studio, in via di pubblicazione sulla rivista Physical Review Letters, meno di un muone su cinquecento miliardi può decadere in questa configurazione. Si tratta del vincolo più stringente finora ottenuto sulla possibile esistenza di questo processo.

    Infine, due segnalazioni. Il prestigioso Premio per l’Astronomia della Fondazione Shaw di Hong Kong è stato assegnato per la prima volta a un italiano: si tratta di Enrico Costa dell’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica (Iasf-Inaf) di Roma. Lo scienziato è stato premiato per aver misurato, grazie al satellite BeppoSax, l’esatta distanza di un gamma ray burst, determinandone l’origine extragalattica.

    Il Premio Bertelson dell’European Society of Cognitive Psychology, che viene assegnato ogni due anni a un giovane ricercatore europeo che non abbia compiuto 35 anni e dai riconosciuti meriti scientifici nel campo della psicologia cognitiva, è stato assegnato ad Antonio Vallesi della Sissa, in occasione della 17° Conferenza dell’Escop, a San Sebastian in Spagna.

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