Boom delle terapie non convenzionali

La più in voga è la fitoterapia, erbe, prodotti botanici, vitamine e minerali, tallonata a poca distanza dalle tecniche spirituali, che puntano su meditazione, preghiera, yoga, ipnosi. E poi massaggi, tecniche di rilassamento, agopuntura, pranoterapia, ayurveda, omeopatia. Sono le terapie non convenzionali a cui si affida un numero crescente di malati di cancro, affiancandole a propria discrezione, spesso senza un consulto medico, alle terapie standard, se non sostituendole in toto ai trattamenti ufficiali. Per migliorare la qualità della vita o alleviare gli effetti indesiderati degli antitumorali standard, come nausea, dolore, stanchezza, stress. Ma la chiave della loro popolarità è soprattutto la speranza, alimentata dall’assenza di risposte scientifiche certe, che lascia aperto uno spiraglio in più per superare la sofferenza, sia fisica che psicologica, della malattia. Le dimensioni del fenomeno e la possibilità di trovare riscontri positivi stanno spingendo la ricerca medica a valutarne rischi e benefici. A fare il punto sul tema, il convegno “Trattamenti non convenzionali per i malati di cancro. Gli strumenti per un’informazione corretta”, che si è svolto a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in occasione del quale l’Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (AIMaC) ha presentato un libretto informativo per aiutare i pazienti a orientarsi nell’universo dei metodi complementari. Secondo un’indagine condotta da Alex Molassiotis, ricercatore presso l’Università di Manchester, e pubblicata su Annals of Oncology, il 36 per cento dei malati oncologici in Europa ricorre a pratiche al di fuori della medicina riconosciuta. Primi fra tutti gli italiani, seguiti dai cechi e dagli svizzeri. Il profilo tipico è donna, giovane, condizionata dal passaparola di parenti o amici, con un buon livello culturale e un reddito medio alto. “Oltre i due terzi di chi ne fa uso”, spiega Molassiotis, “è spinto dal desiderio di poter sconfiggere il cancro, anche se i benefici riscontrati da questo punto di vista sono molto scarsi rispetto alle aspettative. Non così per quel che concerne il benessere psicofisico: possono essere un supporto per migliorare la qualità della vita del paziente e alleviarne i sintomi”.Negli Stati Uniti, sono in corso numerose sperimentazioni cliniche su queste terapie. Lo scorso anno il National Cancer Institute, per esempio, ha avviato oltre 400 progetti per le medicine alternative in oncologia, stanziando oltre 120 milioni di dollari. Nel 2005 il National Center for Complementary and Alternative Medicine (Nccam) degli Nih ne ha spesi 140 milioni. Alcuni esempi li fa Chris Thomsen, direttore delle comunicazioni del Nccam: “Stiamo studiando la soia per la prevenzione dei tumori alla mammella, l’artemisina per la prevenzione del cancro della cervice uterina, la terapia energetica per la prostata, i massaggi per i malati terminali, il vischio in associazione alla chemioterapie per i tumori solidi, l’ipnosi per controllare le vampate nelle pazienti affette da tumore alla mammella, l’agopuntura sui sintomi del carcinoma colonrettale avanzato”. La lista è lunga, e comprende anche tè verde, vitamina D, zenzero, valeriana. L’insidia principale, che si nasconde dietro trattamenti solo all’apparenza “naturali”, ma non sempre innocui, è la possibilità di interazione con i farmaci di provata efficacia. Antiossidanti e multivitaminici, per esempio, possono alterare le terapie antitumorali ed è stato dimostrato che l’erba di San Giovanni interferisce negativamente con la chemioterapia. “Troppo spesso, l’utilizzo di questi trattamenti avviene senza che si dica nulla al proprio medico curante, mentre è importante parlarne per conoscere le possibili conseguenze che possono essere molto dannose”, sottolinea Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell’Iss. Per questo, gli oncologi raccomandano cautela e mettono in guarda sui rischi della medicina fai-da-te e di ciarlatani che possono vendere a caro prezzo semplice “acqua fresca”. I costi dei trattamenti complementari si aggirano sui 120 euro al mese, fino a un massimo di 4.140 euro. “La maggior parte di questi approcci non è supportata da evidenze scientifiche, non ha seguito il lungo iter della medicina basata sulle prove di efficacia delle terapie oncologiche in uso”, ricorda Umberto Tirelli, direttore del Centro di Riferimento Oncologico, Istituto Nazionale Tumori di Aviano (Pordenone).Chemioterapia, radioterapia, ormonoterapia e chirurgia rimangono le nostre armi principali per vincere la malattia. Ma un faccia a faccia tra la medicina convenzionale e quella non convenzionale potrà portare a una sinergia più consapevole, per fugare i dubbi esistenti, senza dare facili illusioni e senza precludere nuove strategie terapeutiche.

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