Società

Bufale e fake news: ecco perché molti continuano a crederci

Come mai alcune persone insistono a credere a delle bufale e si rifiutano di credere a fatti scientifici, come ad esempio che la Terra è rotonda o che i cambiamenti climatici esistono e sono causati dall’attività umana, nonostante siano a disposizione un gran numero di prove e dimostrazioni? Secondo un gruppo di scienziati della University of California, Berkeley, questo non sarebbe dovuto a una mancanza di intelligenza o di comprensione, ma alle reazioni che queste affermazioni provocano quando interagiamo con altre persone.

Essere circondati da un gruppo di persone che la pensa come noi e che reagisce in modo positivo a quello che crediamo avrebbe infatti sulle nostre convinzioni un effetto molto più consolidante di logica o ragionamento, e ci porta a pensare di sapere molto più di quanto effettivamente sappiamo e ad informarci di meno. Viceversa, se siamo circondati da persone che dubitano di quello che diciamo, è molto più facile che le nostre credenze vacillino. In breve, più siamo sicuri del fatto che quello che diciamo è giusto, meno prendiamo in considerazione l’opinione degli altri, o i risultati scientifici che lo smentiscono.

Allo studio, pubblicato su Open Mind, hanno preso parte 500 persone, a ciascuna delle quali sono state mostrate su uno schermo 24 forme geometriche colorate. A ognuno dei partecipanti è stato chiesto se ciascuna delle figure fosse un Daxxy, una forma inventata apposta per l’esperimento. Dopo ogni tentativo, ai partecipanti è stato chiesto se erano sicuri o meno della loro risposta, ed il computer diceva loro se la risposta era corretta o no. Dai risultati è emerso che la sicurezza dei partecipanti si basava principalmente sul feedback ricevuto negli ultimi 4 o 5 tentativi, e non sull’intera esperienza.

Quello che abbiamo trovato interessante è che se i partecipanti sbagliavano i primi 19 tentativi, ma azzeccavano gli ultimi 5, diventavano molto sicuri”, ha spiegato Louis Marti, autore principale della ricerca, “Non è che non stavano prestando attenzione, stavano imparando cos’è un Daxxy, ma semplicemente non stavano utilizzando tutto quello che avevano imparato. Se uno vuole arrivare alla verità, utilizzare solo il feedback ricevuto più di recente anziché tutti i dati accumulati non è una buona strategia.”

Gli autori hanno sottolineano come questo conferma qualcosa che già sapevamo sull’imparare: affiche’ qualcosa venga appreso, dobbiamo essere consapevoli del fatto che c’è una lacuna in quello che sappiamo. Se non pensiamo che le nostre conoscenze siano incomplete, allora non possiamo apprendere nuove informazioni.

In particolare, questo sarebbe vero anche nel contesto delle bufale scientifiche e delle fake news, la cui veridicità viene costantemente rinforzata sul web e sui social media: “Se usi un’ ipotesi assurda per fare un paio di predizioni corrette, potresti cominciare a credere a quell’ipotesi, e non sarai più interessato a imparare perché potrebbe essere sbagliata”, ha concluso Celeste Kidd, co-autrice della ricerca.

Riferimenti: Open Mind

Claudia De Luca

Dopo la laurea triennale in Fisica e Astrofisica alla Sapienza capisce che la vita da ricercatrice non fa per lei e decide di frequentare il Master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza all'Università di Ferrara, per imparare a conciliare il suo amore per la scienza e la sua passione per la scrittura.

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