Caccia ai geni

C’e’ uno “sport” in medicina molecolare, popolare da molti anni, ma che diventa sempre più sofisticato (e purtroppo costoso): la caccia al gene. In questa caccia incruenta, finalizzata al progresso delle conoscenze, la preda, il gene, è un’unità di Dna in grado di dar luogo a un Rna messaggero ed eventualmente a una proteina, ed è preposto a trasmettere i nostri caratteri ereditari.Come si cacciano i geni? All’inizio si cercavano con grande fatica, uno alla volta, mediante l’uso di cosiddette librerie, biblioteche di Dna, che si “sondavano” con anticorpi o con piccoli ‘pezzetti’ dei geni stessi. Da quando l’intero genoma è stato sequenziato, la strategia di caccia è cambiata.Ora si può andare ad analizzare la situazione dell’intero Dna o dell’Rna di una cellula, sia sana sia malata. Di questo si è parlato il 27 ottobre scorso alla tavola rotonda “Caccia ai geni” che si è svolta al Teatro Anatomico, Centro di Oncologia Cellulare e Ultrastrutturale Ifom, (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) dell’Università di Genova. All’incontro, organizzato in occasione del Festival della Scienza in corso nella città ligure, hanno partecipato l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla e Telethon. Tre organizzazioni accomunate dall’impegno economico e umano a sostegno di progetti di ricerca biomedica che un sempre più evanescente sistema di finanziamenti pubblici lascerebbe cadere.Marco Pierotti, direttore del Dipartimento di Oncologia Sperimentale INT-Milano e direttore del programma Ifom di genetica molecolare dei tumori, da anni promotore del ruolo delle alterazioni geniche in oncologia, ha sottolineato come i nuovi test, basati sulle conoscenze del genoma, consentiranno terapie specifiche e mirate. “Anche per i tumori ormai si parla di farmaci ‘intelligenti’”, gli ha fatto eco Lucio Luzzatto, direttore Scientifico dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro e membro di Telethon. Il che non significa che la chemioterapia tradizionale non avesse una sua logica. Ma ora si cerca di individuare un bersaglio e di colpirlo specificamente. Un’idea vincente, ma difficile da realizzare perché richiede un’identificazione puntuale di questi bersagli. Infatti, non tutti i farmaci ‘molecolari’ hanno dato i risultati attesi, ma esistono esempi particolarmente fortunati, come la specialità che colpisce l’oncogene bcr-abl, nella leucemia mieloide cronica.“Anche la sclerosi multipla, una malattia degenerativa autoimmune, ha una predisposizione genetica”, ha spiegato Gianluigi Mancardi, direttore della Clinica Neurologica II, Università di Genova, presidente del Comitato scientifico dell’Aism. E ha quindi senso andare alla ricerca di quei meccanismi genetici che partecipano al suo scatenarsi. In questo caso, infatti, sebbene la malattia sia dovuta a una reazione errata del sistema immunitario che colpisce la mielina, la guaina che ricopre le fibre nervose, è ormai certo che a innescare questo “auto-attacco” sia un mix di fattori genetici e ambientali. Sarebbero molti geni e non uno solo. Così come nella maggioranza delle malattie, invece che singole prede si inseguono interi ‘branchi’. E la caccia quindi diventa sempre più difficile. Come la comunicazione degli eventuali risultati. La tavola rotonda “Caccia ai Geni”, in quest’ottica è stata un’occasione per divulgare e informare sull’impegno di scienziati e associazioni di ricerca, nell’ambito dell’identificazione di geni e soprattutto della comprensione della loro funzione.

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