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Calvizie, così ricrescono i capelli

Non più trapianti che spostano i bulbi piliferi da una parte all’altra della testa, ma un vero metodo per far crescere nuovi capelli. È la promessa che arriva da uno studio della Columbia e della Durnham University, pubblicato sulle pagine di Pnas. Sfruttando un terreno di coltura tridimensionale, i ricercatori americani sono riusciti a utilizzare le cellule della papilla dermica (da cui hanno origine i follicoli piliferi) per indurre lo sviluppo di nuovi capelli, che potrebbero poi essere reimpiantati sullo scalpo del donatore. Se i risultati saranno quelli sperati, il metodo potrebbe risultare particolarmente utile nei casi in cui i trapianti attuali non sono possibili, come la calvizie femminile, o la perdita di capelli dovuta a bruciature o ferite.

L’idea di sfruttare le cellule della papilla dermica per generare nuovi bulbi piliferi non è nuova. Nei topi infatti, coltivandole e reimpiantandole all’interno dei follicoli, è possibile indurre la crescita di un nuovo bulbo pilifero, capace di generare peli in maniera normale. Con le cellule umane però fino ad oggi la tecnica non aveva mai funzionato. L’intuizione alla base del nuovo studio arriva dall’osservazione delle caratteristiche di crescita delle cellule dei roditori all’interno delle colture. A differenza di quelle umane, che formano strati di tessuto bidimensionale, quelle di topo si assemblano invece spontaneamente in strutture tridimensionali.

“Questa osservazione ci ha fatto pensare che avremmo potuto coltivare le papille dermiche umane in modo da promuoverne l’aggregazione in strutture simili a quelle dei roditori”, spiega Clair A. Higgins, prima autrice dello studio, “e che in questo modo si sarebbero potute creare le condizioni necessarie a indurre la crescita di peli anche sulla pelle umana”.

Per verificare la loro intuizione, i ricercatori hanno raccolto delle cellule di papille dermiche umane, coltivandole in un ambiente sferico in modo che formassero una struttura tridimensionale. Le hanno quindi trapiantate su delle piccole porzioni di pelle umana impiantata sulla schiena di topi, e hanno poi verificato se riuscissero a dare origine a nuovi follicoli piliferi. In cinque casi sui sette totali, l’esperimento è risultato un successo: il trapianto ha generato nuovi follicoli, che hanno sviluppato peli che sono durati almeno sei settimane. L’analisi del Dna ha confermato inoltre che i peli risultavano geneticamente uguali a quelli del donatore, e quindi perfetti per un trapianto.

È ancora presto per pensare alla sperimentazione sull’essere umano, ma se i risultati verranno confermati da ulteriori studi, i ricercatori ritengono che il nuovo metodo potrebbe rappresentare una rivoluzione nel trattamento della calvizie. Le terapie oggi disponibili permettono infatti di ritardare la caduta dei capelli e di stimolare la crescita di follicoli già presenti, o al massimo di trapiantare i capelli da una parte all’altra della testa. Con la nuova tecnica sarebbe invece possibile creare nuovi follicoli, rendendo possibile il trapianto anche in pazienti, come molte donne, che oggi non vi possono fare ricorso. “Circa il 90% delle donne che sperimenta una caduta dei capelli non può effettuare il trapianto, perché non possiede più una quantità di capelli sufficiente”, spiega infatti Angela M. Christiano, dermatologa della Columbia che ha coordinato lo studio. “Il nuovo metodo potrebbe permettere di ricorrere al trapianto in tutti i casi in cui il pazienti ha un numero limitato di follicoli rimanenti, come nella calvizie di tipo femminile, o nel caso dell’alopecia cicatriziale o da ustioni”.

Riferimenti: Pnas Doi: 10.1073/pnas.1309970110

Credits immagine: Cayusa/Flickr

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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