Capire come cresce il cancro

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(Ieo) – Una ricerca dell’Istituto europeo di Oncologia, sostenuta dall‘Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro e dal Ministero della Salute, segna un passo avanti concreto verso nuovi farmaci anticancro. I risultati sono appena stati pubblicati sulla rivista Cancer Discovery. Luisa Lanfrancone, Direttore dell’Unità di ricerca IEO “Target identification and validation”, insieme ai ricercatori della sua équipe Daniela Bossi e Angelo Cicalese, hanno scoperto, studiando casi di melanoma metastatico, che sono circa 50 i geni responsabili della crescita di ciascun tumore, e che per la maggior parte sono specifici del paziente.

“Questa è un ‘ottima notizia per i pazienti – commenta Lanfrancone – perché significa che il cancro è più fragile e attaccabile di quanto abbiamo finora ipotizzato. È più fragile perché i geni da cui dipende la sua crescita sono più numerosi di quanto pensassimo. È più attaccabile perché è sufficiente eliminarne uno solo per bloccarne la crescita”.

“La seconda buona notizia – continua Lanfrancone – è che si aprono nuove prospettive per le terapie antitumorali. Abbiamo infatti scoperto un nuovo gruppo di geni importanti per la crescita del tumore, molto numerosi, specifici di ogni singolo paziente e soprattutto non “mutati”, a differenza di ciò che si è sempre pensato. Fino ad ora la ricerca si è concentrata sull’identificazione dei geni che hanno subìto una mutazione, dando così origine al processo di formazione del tumore, e sulla costruzione di farmaci molecolari in grado di correggerla. Le terapie personalizzate di cui oggi facciamo uso sono infatti dirette contro geni mutati nei tumori: ogni tumore ha la sua specifica mutazione e quindi il suo specifico farmaco. Invece i geni che abbiamo identificato con il nostro screening in vivo non sono mutati: sono parte di percorsi molecolari finemente regolati all’interno delle cellule, la cui deregolazione contribuisce allo sviluppo del tumore. Per alcuni di questi geni già esistono farmaci specifici”.

I ricercatori IEO hanno utilizzato una piattaforma di “screening in vivo”, in altre parole hanno studiato il comportamento e l’evoluzione di cellule di melanoma avanzato del paziente, trapiantate in animali di laboratorio. Agendo su questi tumori indotti hanno disattivato un gruppo di 236 geni regolatori della cromatina, già noti per avere un ruolo nel cancro, selezionati in base alla cosiddetta “druggability”, vale a dire la possibilità di trovare farmaci molecolari in grado di bloccarli o interferire con la loro funzione.

“Studiando l’effetto dello spegnimento di ogni singolo gene – spiega ancora Lanfrancone – abbiamo identificato quelli che hanno un ruolo nella crescita del tumore in vivo nell’animale, trovando che ciascun gene è deregolato in modo diverso da paziente a paziente. È stato un lavoro molto impegnativo, durato quattro anni”.

“Da domani – conclude – inizieremo nuovi screening con altri gruppi di geni per identificare quelli essenziali e potenzialmente attaccabili dai farmaci nel melanoma e in altri tumori, a partire da quello della mammella. Vorremmo anche mettere a punto dei semplici test che consentano di traslare in vitro la piattaforma di screening con le cellule del paziente, in modo da identificare ancora più rapidamente i geni essenziali per la crescita tumorale e verificare la loro sensibilità ai farmaci”.

Riferimenti: In Vivo Genetic Screens of Patient-Derived Tumors Revealed Unexpected Frailty of the Transformed Phenotype; Daniela Bossi, Angelo Cicalese, Gaetano I. Dellino, Lucilla Luzi, Laura Riva, Carolina D’Alesio, Giuseppe R. Diaferia, Alessandro Carugo, Elena Cavallaro, Rossana Piccioni, Massimo Barberis, Giovanni Mazzarol, Alessandro Testori, Simona Punzi, Isabella Pallavicini, Giulio Tosti, Luciano Giacó, Giorgio Melloni, Timothy P. Heffernan, Gioacchino Natoli, Giulio F. Draetta, Saverio Minucci, PierGiuseppe Pelicci and Luisa Lanfrancone; Cancer Discovery

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