Cardiochirurgia hi-tech

Nome: “da Vinci”. Luogo di nascita: Stati Uniti. Segni particolari: è un robot che promette di perfezionare alcune tecniche di intervento chirurgico. Su tutte, quelle del cuore. Entrato nelle nostre sale operatorie da poco tempo, “da Vinci”, battezzato così per le sue prestazioni degne del grande Leonardo, è stato uno dei protagonisti del congresso nazionale della Società Italiana di Chirurgia Cardiaca e della Società Italiana di Chirurgia Toracica, tenutosi a Roma dal 23 al 27 novembre scorsi. Luogo di incontro delle testimonianze entusiastiche dei pionieri statunitensi della chirurgia robotica e di quelle più prudenti dei loro colleghi italiani. Nel nostro Paese, dove le malattie cardiovascolari continuano a essere la prima causa di morte con 235 mila decessi all’anno, esistono otto centri che fanno uso della chirurgia robotica. Si tratta però di alcuni limitati interventi e su pazienti molto selezionati. Abbiamo chiesto a Luigi Chiarello, presidente della Società Italiana di Chirurgia Cardiaca, di parlarci delle ultime novità.Professor Chiarello, quali sono i vantaggi promessi dalla chirurgia robotica?”Il robot, perfezionando le tecniche di chirurgia mini-invasiva (ossia con piccole incisioni, n.d.r.), permette interventi chirurgici totalmente endoscopici, a cuore battente e torace chiuso, assicurando ai pazienti evidenti vantaggi estetici, meno dolore postoperatorio, minore rischio di infezioni e una più breve convalescenza”. Per quali patologie si può ricorrere all’uso del robot?”La chirurgia robotica si applica ancora in pochi casi. Per esempio, la riparazione della valvola mitrale, la chiusura dei difetti interatriali e il bypass singolo, ma anche su pazienti che presentano un rischio operatorio con la chirurgia tradizionale pari allo zero. Sono esclusi invece i pazienti in età pediatrica”. Quali rischi può comportare un intervento con chirurgia robotica?”Generalmente l’uso del robot comporta una maggiore durata dell’intervento. Ciò implica anche una maggiore durata dell’anestesia e, se usata, della circolazione extracorporea con le conseguenze che ne possono derivare (la circolazione extracorporea permette di operare a cuore fermo; è stata considerata responsabile di danni neurocognitivi in alcuni casi di bypass coronario, n.d.r.). Per questo è importante effettuare una selezione dei pazienti secondo criteri molto rigidi”.Le tecnologie aiutano anche la fase pre-operatoria?”Grazie a sofisticati programmi che elaborano immagini, è oggi possibile ricostruire una copia tridimensionale attendibile del corpo del paziente. Si ottiene così una cavia perfetta, non in carne e ossa, su cui i medici si possono esercitare. Il “clone-virtuale” permette al chirurgo infatti di individuare anticipatamente le difficoltà che potrebbe poi incontrare in sala operatoria, dove, robot o no, sarà lui a dover effettuare il vero intervento”.L’essere umano è quindi ancora il vero protagonista?”Sì. Perché queste macchine di fabbricazione statunitense che noi chiamiamo robot sono in realtà ancora degli strumenti guidati dalle mani del chirurgo. Non hanno nessuna forma di autonomia, anche se non posso escludere che, da qui a qualche anno, potrebbero essere capaci di compiere da soli le azioni più ripetitive di un intervento chirurgico, così come le suturatrici automatiche hanno sostituito la cucitura manuale” .Che cosa ci si può aspettare, quindi, per il futuro?”Uno degli aspetti più interessanti della chirurgia robotica riguarda forse la possibilità di effettuare interventi a grandi distanze, come in qualche caso è già avvenuto. Queste tecniche permettono di intervenire su un paziente senza dover trasferire il chirurgo e il suo staff. In un futuro la telechirurgia potrebbe rivelarsi utile, per esempio, per curare a distanza i feriti di una guerra. Non dobbiamo dimenticare poi che grazie all’abbinamento tra chirurgia mini-invasiva e chirurgia robotica, si è riusciti a perfezionare l’intervento a cuore battente e torace chiuso. Il robot permette infatti il posizionamento dello stabilizzatore anche attraverso un’incisione molto piccola, consentendo di eseguire alcuni interventi in maniera totalmente endoscopica. Non sono vantaggi da poco. Ma occorre ancora essere prudenti: stiamo facendo solo i primi passi”.

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