Categorie: Società

Carri da guerra e principi etruschi

Un servizio completo per un sontuoso banchetto, gioielli, e poi un carro smagliante: sono questi gli elementi dei corredi rinvenuti nelle tombe di principi e dignitari dell’Etruria, ma in generale di tutta l’Italia centrale antica. Sono questi i simboli che individuano il prestigio sociale del defunto. Cibo e arredi del banchetto non sono una novità; servivano, oltre a misurare la ricchezza del personaggio, anche ad accompagnare la sua vita futura. Ma perché il carro? Soprattutto, perché il carro per accompagnare anche la sepoltura di una donna? Aveva forse assunto un significato così importante come status-symbol da decretare il prestigio dell’intera famiglia? E inoltre: perché a volte si trova un carro a quattro ruote (forse utilizzato per il trasporto funebre) e a volte addirittura una coppia di carri a due ruote, antenati del “currus” romano (la biga) e del “carpentum” (il calesse)?

Si è tentato più volte, sulla base dei resti a noi pervenuti, di ricostruire la struttura originaria dei diversi tipi di veicolo – il primo passo cioè per risalire al significato degli oggetti – e di studiare l’evoluzione nelle tecniche di costruzione e nella funzione dei “modelli”, ma con risultati assai scarsi. Oggi invece le ricerche recentemente condotte sotto la guida di Adriana Emiliozzi dell’Istituto di archeologia etrusco-italica del Cnr di Roma hanno gettato nuova luce su molti problemi rimasti a lungo irrisolti.

Sono proprio i risultati di queste ricerche ad essere presentati al pubblico con la mostra attualmente in corso al Palazzo dei Papi di Viterbo, che costituisce un ottimo esempio di divulgazione scientifica. Proponendo in modo chiaro e accattivante, ma al tempo stesso rigoroso, studi in parte ancora in corso, l’esposizione dimostra come sia possibile far capire al pubblico in che cosa consista il mestiere dell’archeologo, presentando non solo il reperto in bella mostra in una bacheca di museo ma anche tutto il lavoro che c’è dietro.

E infatti sono proprio le ricostruzioni degli splendidi esemplari rinvenuti nelle tombe etrusche a catturare l’attenzione del visitatore. Il più antico dei carri presentati in mostra è la celebre biga proveniente dalla Tomba del Carro di Bronzo di Vulci (primo quarto del VII sec. a.C.). Dai resti originali in bronzo, legno, pelle e ferro a noi pervenuti è stata ricostruita una biga leggera di dimensioni modeste, adatta a un uso bellico, ma probabilmente utilizzata anche per cerimonie. E infatti le più solide (e meno maneggevoli) bighe da parata rinvenute nelle tombe del VI secolo testimoniano di un’evoluzione verso un uso quasi esclusivamente cerimoniale di questi veicoli.

Ma è il calesse la vera novità della mostra: per la prima volta infatti viene presentata la ricomposizione di questo carro che in alcune tombe particolarmente signorili addirittura si affianca al “currus”. E’ questo il caso dei carri del VII secolo a.C. rinvenuti presso Populonia, e della straordinaria tomba di una principessa picena della fine del VI secolo a.C. rinvenuta a Sirolo nel 1979, dove i lavori per il recupero dei materiali e il loro studio sono tuttora in corso.

Infine, lungo tutto il percorso della mostra, alcuni computer con programmi interattivi consentono al visitatore di trovare risposte ai più vari interrogativi sulla civiltà etrusca.

In attesa dell’uscita del catalogo, non ancora disponibile, la casa editrice L’Erma di Bretschneider ha ideato per il pubblico una breve e utile Introduzione alla mostra, e il bel volumetto di Elisabetta Putini e Costanza Baccani Barth il piccolo principe etrusco: Anche i piccoli visitatori potranno dunque vivere la loro entusiasmante esperienza archeologica.

Viterbo, Palazzo dei Papi, 24 maggio – 12 ottobre 1997

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