Dove nascono esattamente i raggi gamma sprigionati dalle galassie attive? Contrariamente a quanto ci si aspettava, non in prossimità del buco nero supermassiccio che si trova al loro centro. Almeno è quello che accade nella galassia 3C279 dove le osservazioni mostrano un campo magnetico avvolto intorno ai due getti di particelle accelerate che partono dal buco nero. In pratica il campo magnetico agisce come un cavatappi (vedi Galileo) che porta via le particelle dal buco nero per scagliarle in una regione lontana, più rarefatta, dove queste generano i raggi gamma.
La scoperta si deve al lavoro di circa 250 ricercatori con l’occhio puntato per un anno sulla galassia 3C279. Le osservazioni sono state condotte con 20 telescopi, tra quelli a terra e quelli in orbita, coordinati da Torino (collaborazione GASP-WEBT). I dati del monitoraggio continuo della galassia 3C279 nelle finestre delle onde radio, delle onde visibili e dei raggi X sono stati poi “incrociati” – per la prima volta – con quelli sui raggi gamma raccolti dal satellite Fermi della Nasa.
Il risultato, però, ripaga dello sforzo titanico. L’obiettivo dei ricercatori era (ed è) capire il comportamento del “motore” delle galassie attive che genera i raggi gamma. Per farlo, è necessario studiare i due getti di particelle accelerate, il cui comportamento è governato dai campi magnetici. 3C279 è stata scelta per vari motivi: “È un oggetto ben noto che per anni si è rivelato come la sorgente più brillante nel cielo gamma extragalattico”, ha spiegato Paolo Giommi, responsabile del centro dati scientifici dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). Inoltre la sua emissione di raggi gamma è estremamente variabile.
Proprio in un momento di grande attività gamma, i ricercatori hanno osservato un cambiamento improvviso della radiazione ottica (tecnicamente è cambiato l’angolo di vibrazione); il che significa che doveva essere cambiata la direzione di moto delle particelle e, quindi, la direzione del campo magnetico. “I dati ottici ci mostrano un campo magnetico avvolto intorno al getto che agisce come un cavatappi, strappando le particelle dal buco nero e convogliandole lontano”, ha spiegato Patrizia Caraveo, responsabile per l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) dello sfruttamento scientifico dei dati del satellite Fermi: “Non ci aspettavamo proprio che l’emissione più energetica delle galassie attive venisse da regioni dei getti così distanti dal buco nero”.
“Le osservazioni di 3C279 dimostrano che non solo è importante monitorare queste sorgenti a tutte le lunghezze d’onda, ma anche che è estremamente utile correlare le informazioni spaziali e spettroscopiche con quelle polarimetriche, potenti strumenti per risolvere la configurazione geometrica dei potentissimi campi elettromagnetici e gravitazionali che circondano gli oggetti compatti come i buchi neri”, ha commentato Ronaldo Bellazzini, responsabile per Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) dell’esperimento Fermi. (t.m.)
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