C’è ossigeno su Ganimede

Più grande di Mercurio, ghiacciato in superficie come Nettuno, ma con una atmosfera in cui c’è ossigeno. Ganimede, il più grande dei satelliti che ruotano intorno a Giove, non dev’essere poi così inospitale. Almeno stando ai risultati di un gruppo di astronomi della John Hopkins University di Baltimora, negli Stati Uniti. Usando il Telescopio Spaziale Hubble i ricercatori americani, guidati da Doyle Hall, hanno scoperto che su Ganimede c’è ossigeno allo stato gassoso, fondamentale per il metabolismo della maggior parte degli esseri viventi.

Ganimede, scoperto nel 1610 da Galileo Galilei, ha un diametro di quasi 5300 chilometri (la metà di quello terrestre) e orbita intorno a Giove a una distanza di un milione di chilometri. Studiando la sua densità si è compreso che è costituito prevalentemente da roccia e acqua ghiacciata. Proprio lo spesso strato di ghiaccio che ricopre la superficie di Ganimede potrebbe essere, secondo i ricercatori, la sorgente dell’ossigeno scoperto nell’atmosfera. Doyle Hall e colleghi non credono infatti che la generazione di ossigeno abbia a che fare con una attività biologica, come invece accade sulla Terra. Gli astronomi americani sono più propensi a spiegare il fenomeno con il continuo scontro tra una pioggia di particelle cariche provenienti dallo spazio interplanetario e il ghiaccio che ricopre Ganimede. Le particelle romperebbero le molecole di acqua ghiacciata, liberando ossigeno. Ad accrescere l’effetto potrebbero inoltre contribuire la luce solare ed eventuali impatti di meteoriti. E che Ganimede sia stato colpito da frammenti di roccia vaganti per il sistema solare è noto, da quando, nel 1979, le sonde spaziali Voyager 1 e 2 lo sorvolarono a distanza ravvicinata raccogliendo immagini della sua superficie butterata a causa dei crateri.

A scoprire l’ossigeno all’interno della sottile e rarefatta atmosfera del satellite gioviano è stato un sofisticato strumento alloggiato all’interno del Telescopio Spaziale Hubble. Si tratta di uno spettrografo ad alta risoluzione, capace di analizzare con grande precisione la luce catturata dal potente occhio di Hubble e di riconoscere la lunghezza d’onda di ogni sua componente. Quando il Telescopio Spaziale è stato puntato su Ganimede, lo strumento ha riconosciuto, tra le altre, due lunghezze d’onda particolari, caratteristiche della luce emessa da atomi di ossigeno.

La presenza di ossigeno nell’atmosfera non sembra essere l’unica somiglianza tra Ganimede e il nostro pianeta. Come quello terrestre, anche il cielo di Ganimede di tanto in tanto fa da palcoscenico allo spettacolo delle aurore polari, bagliori di luce multicolori dovuti allo scontro tra particelle cariche e l’atmosfera. Un fenomeno prezioso per gli scienziati perché le aurore si formano solo quando in particolari condizioni: quando il pianeta è circondato da particelle cariche, quando è dotato di un campo magnetico capace di guidarle verso la superficie e quando è avvolto da un guscio gassoso. L’elaborazione dei dati raccolti dalla sonda Galileo, prima del suo tuffo su Giove, ha dimostrato che Ganimede è immerso in un mare di particelle e che è dotato di un intenso campo magnetico. Che poi Ganimede abbia una atmosfera sembra ormai essere una certezza. Parola di Hubble.

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