I trapianti, la terapia genica e la cura delle malattie autoimmuni potrebbero diventare più sicuri ed efficaci grazie alla scoperta di una scienziata italiana, la dottoressa Maria Grazia Roncarolo dell’Istituto Telethon per le malattie genetiche (Tiget) del San Raffaele di Milano. Nel sangue di alcuni trapiantati di midollo che non avevano presentato rigetto dopo l’intervento, la ricercatrice ha identificato alcune cellule, le Tr1, in grado di neutralizzare la risposta del sistema immunitario. I colpevoli del rifiuto del non-self sono principalmente i linfociti T. Queste cellule hanno il compito di riconoscere i possibili nemici dell’organismo – come i batteri e i virus – e di contrastarne l’azione. Purtroppo, però, i linfociti T attaccano anche gli organi trapiantati e i geni introdotti con la terapia genica, causandone il rigetto, che rimane, quindi, il principale ostacolo all’efficacia di queste tecniche terapeutiche. Negli animali le Tr1 hanno già curato patologie immunologiche con caratteristiche simili al rigetto. Ora occorrerà vedere se la cura funziona anche per l’uomo.
Dottoressa Roncarolo, cosa sono esattamente le cellule Tr1 e come agiscono?
“Si tratta di linfociti T particolari, detti regolatori/soppressori, che non attaccano i tessuti o gli organi estranei, ma, al contrario, riescono ad attenuare la risposta immunitaria. Agiscono insomma come dei “negoziatori”: fanno convivere le parti in guerra, cioè i sistemi immunitari del donatore d’organo e del ricevente. Il loro meccanismo d’azione è semplice: le Tr1 agiscono contro gli altri linfociti T producendo quantità molto elevate di interleuchina-10, una proteina del gruppo delle citochine che impedisce alle cellule T di liberare le sostanze necessarie alla risposta immunitaria”.
Come avete fatto a trovare le cellule Tr1?
“Abbiamo studiato quei bambini affetti da immunodeficienza congenita che non avevano presentato rigetto dopo il trapianto di midollo osseo. Dopo anni di analisi compiute su questi piccoli pazienti abbiamo trovato nel loro sangue le Tr1. Queste cellule regolatrici/soppressive riuscivano in qualche modo a far convivere i linfociti di donatore e ricevente. Al Dnax Research Center di Palo Alto, negli Stati Uniti, abbiamo trasferito lo studio sugli animali e abbiamo cercato le Tr1 anche nei topi normali. Abbiamo notato, così, che in particolari condizioni le Tr1 venivano prodotte anche da animali sani e che, grazie al loro lavoro di “diplomazia”, gli animali guarivano da un particolare tipo di immunodeficienza, che provoca lesioni dell’intestino. In alcuni casi, la malattia veniva semplicemente arrestata, e le infiammazioni regredivano”.
Quali potranno essere, a suo giudizio, le applicazioni della sua ricerca?
“Al Tiget di Milano, a fine anno cominceremo a isolare le Tr1 nei pazienti che devono sottoporsi a trapianto di midollo osseo o a terapia genica. In un secondo tempo somministreremo queste cellule agli stessi individui, allo scopo di impedire il rigetto del tessuto, organo o gene estraneo, senza intaccare la capacità generale di risposta immunitaria. I primi risultati li avremo tra due o tre anni. In prospettiva, speriamo che con questo protocollo si potrà prevenire il rigetto anche in altri tipi di trapianto. Chi ha ricevuto un nuovo organo non dovrà assumere farmaci dannosi per tutta la vita: potrebbero bastare solo le sue Tr1. Un altro contributo decisivo di queste cellule negoziatrici potrebbe riguardare anche la cura delle malattie autoimmuni – e penso soprattutto alla sclerosi multipla – e nelle infiammazioni croniche”.
I linfociti contrastati dalle Tr1 sono le stesse cellule ad essere attaccate dal virus dell’Aids. Quali potrebbero essere le ricadute dei suoi studi in questo campo?
“Non è escluso che i malati di Aids con Tr1 elevate possano essere svantaggiati da questa loro caratteristica. Ulteriori studi in questo settore – per ora non ancora indagato – potrebbero condurre ad applicazioni cliniche per contrastare l’Hiv”.
Alla Pennsylvania University, negli Usa, alcuni ricercatori hanno bloccato il rigetto del fegato trapiantato in un ratto inserendo un gene che inibisce la risposta dei linfociti T. Cosa ne pensa?
“E’ un approccio diverso allo stesso problema. I ricercatori statunitensi inibiscono l’espressione di una proteina che provoca la risposta immunitaria. Noi promuoviamo la crescita delle Tr1. Vedremo gli sviluppi successivi”.