Cellule riparatrici

La strada è ancora lunga, ma il cammino sembra essere tracciato. A partire da cellule staminali è possibile riparare il danno che caratterizza le fibre nervose delle persone affette da sclerosi multipla. L’annuncio è dato dalle pagine di Nature da Gianvito Martino e Angelo Vescovi, rispettivamente responsabile dell’unità di neuroimmunologia e condirettore dell’Istituto di ricerca sulle cellule staminali del San Raffaele di Milano. Che insieme alle loro équipe hanno prelevato cellule staminali dal tessuto cerebrale e dal midollo osseo di topi e le hanno poi iniettate in esemplari affetti da una malattia murina in tutto simile alla sclerosi che colpisce gli umani. Risultato: dopo un mese la quasi totalità degli animali è tornata a camminare, circa il 30 per cento è guarita del tutto. Di più: il miglioramento dei sintomi è durato nel tempo. La sclerosi multipla è una malattia autoimmunitaria sulle cui cause non è ancora stata fatta luce. Un concorso di fattori – genetici e ambientali – scatena un attacco dei linfociti T, le cellule che vigilano sulla presenza di elementi estranei nell’organismo, alla melina, la guaina che avvolge i prolungamenti delle cellule (assoni) che compongono i nervi facilitando la comunicazione degli impulsi. Il sistema immunitario quindi scambia il rivestimento delle fibre per un “nemico” da cui doversi difendere e lo attacca in più punti, zone in cui si formano così delle cicatrici (placche). Le conseguenze del danno cerebrale prodotto in questo modo portano a una progressiva disabilità, che può durare anche 40 anni e divenire totalmente invalidante. Le terapie finora utilizzate migliorano il decorso della malattia e bloccano i sintomi più pesanti, ma non riescono a riparare la guaina là dove è stata “bucata”. Una funzione che le cellule staminali hanno invece dimostrato di poter volgere, almeno nelle cavie.”Utilizzando nei topi le staminali neurali siamo riusciti a ricostruire la mielina”, hanno spiegato Martino e Vescovi durante la conferenza stampa di presentazione dello studio tenutasi ieri al San Raffaele. Nel cervello e nel midollo spinale esistono infatti cellule non specifiche che se opportunamente stimolate riescono a differenziarsi fino a divenire cellule specifiche del cervello, in particolare responsabili della produzione di mielina. Ecco quindi che una volta prelevate le cellule staminali dai topi, e dopo averle coltivate in laboratorio, i ricercatori le hanno iniettate in parte nel sangue (a livello della coda) in parte nel cervello di modelli murini di sclerosi multipla. E hanno visto che queste sono migrate fino alle lesioni, e lì hanno cominciato non solo a differenziarsi fino a formare la mielina ma anche a stimolare i meccanismi di autoriparazione del tessuto. “In questo modo le lesioni sono state riparate portando a una pressoché totale guarigione: sette su dieci hanno recuperato la capacità di camminare in modo significativo, mentre per tre su dieci questo recupero è stato completo”, ha spiegato Martino.Risultati insperati fino a qualche anno fa, che fanno della medicina riparativa una prospettiva reale. La ricerca dei due scienziati italiani sorprende anche perché le speranze legate all’impiego delle cellule “madri” per riparare delle lesioni era legata alla localizzazione delle stesse. In altre parole si pensava fosse più semplice agire nel caso del morbo di Parkinson, dove a essere colpita è un’area specifica del cervello. “E invece è regolarmente successo il contrario”, ha commentato Vescovi. “Le cellule staminali adulte neurali producono una rimielinizzazione multifocale”, come si legge sulle pagine di Nature. Ma perché dalla ricerca di base si passi alla messa a punto di una terapia bisognerà aspettare ancora del tempo, almeno cinque anni. Il prossimo passo sarà quello di procedere con la sperimentazione sulle scimmie alle quali saranno iniettate cellule staminali umane. Solo dopo aver ottenuti risultati positivi da questi esperimenti sarà possibile pensare all’essere umano. “E’ all’orizzonte una svolta ma i malati devono continuare a seguire le indicazioni dei propri neurologi di fiducia”, raccomanda nell’occasione Mario Battaglia, presidente dell’Associazione nazionale sclerosi multipla. Che insieme al “Progetto mielina”, la Fondazione Algarini, l’Unione Europea e la Bmw ha finanziato i due ricercatori.

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