Cercasi mercato disperatamente

Il caso della xantomatosi cerebrotendinea è esemplare delle difficoltà che incontrano i trattamenti delle malattie rare, quelle patologie che colpiscono meno di 5 persone ogni diecimila. Si tratta di una malattia a prevalente interesse neurologico che ha però un’origine epatica, nell’accumulo eccessivo in tutti gli organi di colesterolo. Il malato soffre di demenza già in giovane età e presenta sul corpo degli accumuli di grasso in corrispondenza di alcuni tendini. “Quando abbiamo cominciato a studiarla 20 anni fa in Italia si contava un solo caso, oggi siamo riusciti a individuarne 70”, ha spiegato Antonio Federico del Centro di Ricerche per la Diagnosi, Terapia e Prevenzione del Neurohandicap e delle Malattie Neurologiche Rare del Policlinico Universitario di Siena. Di questa esperienza e della difficoltà che incontrano i malati di malattie rare ad essere curati si è discusso al congresso internazionale “Malattie rare e farmaci orfani” che si è svolto presso l’Istituto Superiore di Sanità dal 18 al 23 settembre.

Il centro di Siena è uno dei quattro punti di riferimento mondiale per chi è colpito da xantomatosi cerebrotendinea, malattia fortemente invalidante: osteoporosi, epilessia, cataratta sono solo alcuni dei sintomi a cui si va incontro. Quando i ricercatori sono riusciti a capire che nei pazienti colpiti era carente la produzione di acido chenidesossicolico hanno pensato di poterli trattare con un farmaco usato per sciogliere i calcoli della cistifellea, a base di questa sostanza. Erano gli anni Ottanta; “da allora i risultati ottenuti sono stati sempre positivi, anche se messi a confronto con altre soluzioni terapeutiche”, ha commentato Federico.

Poi però l’azienda che produceva questo farmaco ha deciso che non si trattava più di un prodotto redditizio e lo ha levato dal mercato. “Così abbiamo pensato di produrlo noi, nell’area galenica della farmacia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria”, ha continuato il medico. Il centro senese distribuisce il farmaco a tutti i pazienti italiani e sta prendendo accordi con la Food and Drug Administration per poter garantire il medicinale anche ai pazienti statunitensi.

Anche i farmaci autorizzati e in commercio, infatti, non trovano facilmente la strada delle farmacie o degli ospedali dove dovrebbero essere distribuiti. “E in molti casi gli stessi pazienti non sanno che sono disponibili”, ha denunciato al congresso Fabrizia Bignami di Eurordis, la federazione di associazioni di malati che agisce a livello europeo. Solo in pochi Stati europei sono disponibili tutte e 12 le specialità per le malattie rare approvate dall’Emea, l’agenzia europea che valuta i farmaci prima della loro immissione sul mercato. Colpa delle procedure di autorizzazione e di negoziazione del prezzo svolte a livello nazionale che seguono tempi molto diversi fra loro, e che fanno sì che ci possano volere anche oltre 400 giorni fra il sì europeo e quello nazionale.

Ci sono poi malattie rare per le quali non esistono ancora medicine. In questo caso ad accelerare deve essere la ricerca, che soffre della scarsa appetibilità economica. Per favorire l’incontro fra pubblico, dove spesso si individuano principi utili, e privato, che dovrebbe investire sullo sviluppo del prodotto, è stata realizzata la European Rare Disease Therapeutic Initiative (Erditi). Si tratta di un luogo d’incontro fra i ricercatori pubblici e le aziende, dove i primi possono chiedere alle seconde accesso ai loro data base di informazioni sull’azione di centinaia di molecole. Se il progetto va in porto, e si trova quindi una molecola efficace su un target, l’azienda ha la prelazione sulla sua utilizzazione. Un’iniziativa che sta prendendo piede: “siamo passati dai 70 progetti del 2002, anno di inizio del progetto, ai 145 di quest’anno”, ha dichiarato Elisabeth Tournier-Lasserve dell’Istituto delle Malattie Rare di Parigi, coordinatrice del progetto.

Infine, sempre per agevolare la ricerca, a livello europeo la direttiva sui farmaci orfani approvata nel 2000 stabilisce che lo sponsor possa beneficiare dell’esclusività sul mercato per 10 anni e viene riconosciuta l’esenzione parziale o totale dalle tasse che ogni azienda farmaceutica deve pagare all’ente regolatore europeo.

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