Gli anglofoni lo chiamano brain drain. Dalle parti nostre è meglio noto come fuga dei cervelli. Un fenomeno purtroppo in crescita, come dimostrano i risultati del bando europeo Consolidator Grant 2013, riservato a ricercatori in una fase intermedia della carriera (da 7 a 12 anni dopo il conseguimento del dottorato). Fortunatamente dai dati emerge anche una buona notizia: gli scienziati italiani sono tra i più bravi del continente, secondi solo ai colleghi tedeschi.
Paolo Valente, ricercatore Infn, ha pubblicato sul suo blogun’analisi dei risultati: sono stati finanziati 312 progetti, per un totale di 575 milioni di euro; tra i progetti vincitori, ben 46 sono proposte di ricercatori italiani, un risultato molto vicino a quello della Germania (48 progetti finanziati, ma che può contare su un numero molto maggiore di scienziati) e ben distanziato da Francia (33 progetti finanziati) e Regno Unito (31 progetti finanziati). L’età media dei vincitori è di 39 anni e il 24% di loro sono donne – un dato in crescita rispetto ai bandi precedenti.
Veniamo alla nota dolente. Su 46 ricercatori italiani premiati, più della metà (26, per la precisione) non porteranno l’assegno in un’istituzione scientifica nostrana, perché già lavorano all’estero: dai dati, infatti, emerge che “i ricercatori lasciano il nostro Paese in una fase molto precoce della carriera”, spiega Valente, ed entrano a far parte “di quella legione straniera che – anno dopo anno – ingrossa le proprie fila e, evidentemente, impoverisce il nostro Paese”.
Sul blog di Valente ulteriori analisi e grafici.
Credits immagine: [Martin]/Flickr
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