Fortuna a parte, “vincenti si nasce”. Questo è quanto potrebbe dirsi a leggere i risultati di uno studio svolto in collaborazione tra le università di Berkeley, Singapore e Illinois, pubblicato su Pnas, che ha mostrato come le nostre scelte strategiche – per esempio quelle che facciamo quando scommettiamo – siano influenzate dai geni. In particolare a essere chiamati in causa sono quelle porzioni del Dna correlate all’attività della dopamina, un neurotrasmettitore che stimola il piacere ed è in grado di motivare la ricerca di una ricompensa.
I ricercatori hanno esaminato il genoma di 217 studenti cercando, all’interno di 12 geni coinvolti nella regolazione della dopamina, la presenza di eventuali varianti genetiche. Ai ragazzi è stato chiesto di partecipare a un gioco, Patent Race, in cui uno sfidante scommette contro un avversario anonimo, durante il quale sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale (fMri).
Durante il gioco gli studenti tendevano ad avere due comportamenti diversi: quelli capaci di prevedere ed anticipare le mosse dell’avversario, cercando di immaginare come questo “ragiona”, e quelli invece che si affidano più all’esperienza personale, più inclini cioè ad imparare dai propri errori. Ai due diversi comportamenti corrispondevano differenti attività cerebrali: nei primi era maggiore l’interessamento della corteccia prefrontale, nei secondi quello della striata. Gli scienziati hanno inoltre cercato di capire se questi diversi pattern correlassero con la presenza di varianti genetiche. I risultati dei test hanno mostrato che i giocatori del primo gruppo presentavano variazioni su tre geni che influenzano la funzione della dopamina a livello della corteccia prefrontale mediale, mentre in quelli del secondo le variazioni cadevano su altri due geni, coinvolti nella regolazione del neurotrasmettitore a livello della corteccia striata.
“Questi risultati mostrano come i meccanismi connessi alla dopamina intervengano in un’ampia quantità di comportamenti decisionali”, sostengono i ricercatori: “La scoperta potrebbe permettere una maggiore comprensione dei disturbi di interazione sociale, come l’autismo, o delle malattie in cui è coinvolta la dopamina, come la schizofrenia”.
Riferimenti: Pnas doi: 10.1073/pnas.1316259111
Credits immagine: Alan Rampton/Flickr
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