Chi controlla Internet?

Nell’era di Internet, anche la salute è a portata di mouse. Non è detto però che i siti più cliccati siano anche quelli più accurati dal punto di vista dell’informazione scientifica e perciò i più corretti. Capita così che una mamma decida di cercare in Rete la cura per la febbre del figlio e che le venga suggerito di somministrare farmaci a base di paracetamolo, di far ingerire al piccolo una maggiore quantità di fluidi e di vestirlo con abiti non troppo pesanti, così da non farlo ulteriormente sudare. Tutto giusto, salvo poi consigliare l’assunzione di aspirina e dipirone, “due errori notevoli: il primo perché l’uso di aspirina nei bambini è associato alla sindrome di Reye (una malattia rara caratterizzata da disturbi a carico del fegato talmente gravi da portare al coma e addirittura alla morte) e il secondo perché l’uso di dipirone comporta il rischio di sviluppare l’agranulocitosi (una patologia causata dall’assenza nel sangue dei globuli bianchi)”, ha spiegato a Galileo Chiara Pandolfini, ricercatrice presso il Laboratorio per la Salute Materno-Infantile dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano.

È “made in Italy”, infatti, l’indagine con la quale, nel 1997, Pandolfini e Maurizio Bonati, responsabile del laboratorio milanese, hanno valutato la qualità dell’informazione medica on-line proprio a proposito della gestione domestica della febbre nei bambini. “Gli errori principali da noi riscontrati”, va avanti la ricercatrice, “sono stati quelli di non menzionare la somministrazione di un antipiretico prima di effettuare eventuali spugnature con acqua tiepida (senza di esso, infatti, la temperatura risalirebbe appena terminate le spugnature), e di suggerire la somministrazione di aspirina e dipirone. Errori trovati su poche pagine, ma comunque notevoli”.

A distanza di quattro anni gli stessi siti Internet, 41 per l’esattezza, sono stati rivisitati utilizzando un sistema di punteggio per attestare eventuali miglioramenti. Sebbene siano stati registrati aggiornamenti e sostituzioni, la qualità dell’informazione rimaneva complessivamente scarsa. “Abbiamo visto che mentre nel 1997 due delle pagine avevano suggerito l’uso dell’aspirina, nel campione più recente, nessuno lo avevo fatto. Nonostante questo piccolo ma importante miglioramento 13 dei nuovi siti ancora non indicavano l’uso di un antipiretico prima delle spugnature”.

Quindi popolarità e credibilità dei siti dedicati alla salute e alla medicina non sono, come dovrebbero, strettamente legate. “Non abbiamo misurato”, ha continuato Pandolfini, “il rapporto tra questi fattori, ma riteniamo che sarebbe molto utile fare un apposito studio. Questo anche per capire cosa rende popolari alcuni siti e come si potrebbe sfruttare questa attrattiva per “guidare” la gente verso pagine di qualità garantita”. Il British Medical Journal, che ha pubblicato i risultati italiani, ha reso noti contemporaneamente i dati di altre due ricerche sulla scientificità dell’informazione medica in Rete. L’una, realizzata da un team di ricercatori delle università di Stanford e del Texas (Usa), ha puntato l’attenzione sul cancro al seno, l’altra, condotta da un gruppo di studiosi inglesi e olandesi, ha analizzato cinque disturbi legati alla salute (ostruzione cronica dei polmoni, distorsione della caviglia, emergenza contraccettiva, menorragia e sterilizzazione femminile) . Le conclusioni hanno evidenziato che la frequenza con cui gli utenti visitavano le pagine Web era ben poco correlata alla loro credibilità e qualità. La prima giudicata su criteri giornalistici di citazione delle fonti, delle referenze, degli autori della scoperta, la seconda su precise linee guida di carattere scientifico, elaborate da associazioni mediche.

Il punto è proprio questo: in Italia non esistono linee di indirizzo in materia. “Mentre negli Stati Uniti (ma non solo)”, ha concluso Pandolfini, “vi è un maggior numero di siti, pagine e servizi gestiti da associazioni scientifiche di riferimento che dovrebbero rappresentare una maggiore garanzia per la qualità dell’informazione fornita in Rete, non esistono nel nostro Paese delle linee guida. Diversi gruppi europei stanno facendo dei tentativi, come l’Health on the Net Foundation svizzero e il Discern Project inglese, ma questi approcci si limitano alla valutazione della “cosmesi”, ovvero della struttura e della presentazione delle pagine, piuttosto che alla qualità (correttezza, chiarezza, scientificità) dell’informazione contenuta”.

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