Chi ha paura delle staminali?

Gli italiani non temono le staminali. Anzi: sono convinti che servirebbero maggiori investimenti proprio in questo settore della ricerca. Lo testimonia l’indagine “Biotecnologie e opinione pubblica in Italia” svolta nel novembre 2004 su circa 1000 italiani rappresentativi della popolazione, da Observa, un’associazione culturale senza fini di lucro, che ha reso noti i risultati il 14 marzo a Roma. Alla domanda “nel campo delle biotecnologie, su quale tipo di ricerca si dovrebbe investire di più?” il 60 per cento degli intervistati ha risposto “sulle cellule staminali di embrioni umani, per sviluppare nuove terapie mediche”. Proprio quel tipo di studi che in Italia è vietato dalla legge 40 in materia di procreazione assistita del cui destino, a un anno dall’entrata in vigore, i cittadini saranno chiamati a decidere con il voto referendario tra la fine di maggio e giugno prossimo. L’importanza della ricerca sulla cellule staminali emerge anche da un altro dato: il 92,2 per cento del campione pensa che si dovrebbero proseguire le ricerche sulle biotecnologie in vista di possibili applicazioni in campo medico. La speranza, per molti dei favorevoli, è quella di curare malattie oggi inguaribili. Interessanti sono anche le motivazioni dei contrari o e degli indecisi: nel primo caso (il 2,9 per cento del totale) si tratta di opposizione per motivi religiosi (l’uomo non può interferire con ciò che Dio ha creato), mentre nel secondo (il 4,7 per cento del totale) predomina l’idea di non avere competenze specifiche o di non sapere cosa siano le biotecnologie in campo medico. Numeri che dovrebbero far riflettere quanti pensano che il tema della ricerca sulle cellule staminali sia troppo complesso e oscuro per essere oggetto di referendum. Gli italiani, infatti, dimostrano di conoscere più di quanto si creda, con un atteggiamento responsabile. Utilizzare cellule di embrioni per curare malattie come Alzheimer o Parkinson è considerato molto utile dal 75,9 per cento (risposte moltissimo e molto) ma allo stesso tempo anche molto rischioso (42,1 per cento). A spostare l’ago della bilancia è però l’aspetto etico di questo tipo di ricerche: ebbene, per il 68 per cento del campione l’uso delle cellule staminali embrionali è moralmente accettabile. All’estremo opposto della bilancia rischi/benefici vi è invece la clonazione riproduttiva, che viene riconosciuta utile dal 26 per cento, rischiosa dal 74,4 per cento e moralmente accettabile solo dal 19,4 per cento degli intervistati. Anche in questo delicato settore, comunque, l’opinione pubblica si muove verso posizioni più aperte. “Mettendo a confronto i dati di quest’anno con quelli rilevati in precedenti indagini notiamo un generale aumento dell’utilità, una diminuzione del rischio percepito e un aumento dell’accettabilità morale”, spiega Massimiano Bucchi, sociologo all’Università di Trento e fondatore di Observa. A conferma della crescente percezione che i cittadini hanno del tema della ricerca nelle biotecnologie i sociologi di Observa hanno rivolto al campione anche domande sul processo decisionale. Chi deve decidere, insomma, in materia di biotecnologie? Per il 33 per cento degli italiani le decisioni devono essere prese a livello europeo, al secondo posto con il 23,8 per cento vengono gli scienziati (che fanno registrare un aumento rispetto a precedenti rilevazioni). Permane tuttavia forte, e costante nel tempo, commenta Bucchi “un’istanza di coinvolgimento della popolazione: per un intervistato su cinque le decisioni dovrebbero essere prese con la partecipazione di tutti i cittadini”.

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