Chimica a stelle e strisce

Davis, California. Poche settimane fa. Un macaco rhesus si libera da una gabbia nel laboratorio di ricerca medica dell’Università della California e fugge verso il centro abitato, dove scorazza indisturbato per almeno una decina di giorni. Finché le ricerche del personale del California National Primate Research Center, sempre più affannose, non fanno scattare il panico tra la gente: il sospetto è infatti che la scimmia appartenga a un laboratorio di biosicurezza di livello 4, quelli cioè dove – ufficialmente – si studiano malattie per le quali non si conosce una cura, come Ebola o il West Nile virus. E dove in molti credono che si faccia anche ricerca a scopi bellici. “Questa notizia è come una finestra che si apre solo per un attimo lasciando intravedere un mondo nascosto”, spiega Edoardo Magnone, chimico dell’Università di Genova. Un episodio emblematico dell’alone di mistero che circonda la ricerca in campo militare dove le uniche fonti per l’opinione pubblica restano le indiscrezioni, i casi fortuiti come la fuga di una scimmia o gli incidenti come quello avvenuto nell’ottobre scorso nel teatro Dubrovka di Mosca.Poche ore prima dell’attacco all’Iraq Hans Blix, capo degli ispettori delle Nazioni Unite, ha dichiarato ai microfoni della Bbc: “Il paradosso è che se gli Usa non troveranno nulla in Iraq saranno stati mandati 250 mila uomini inutilmente”. Per lui infatti l’arsenale chimico e batteriologico di Saddam Hussein è solo presunto. Almeno fino a prova contraria. E per Blix le illazioni non bastano a giustificare una guerra che farà vittime inevitabilmente anche tra la popolazione civile. Chi invece un vero e cospicuo arsenale biologico e chimico ce l’ha di sicuro sono proprio gli Usa. E per di più, secondo le stime ufficiali, non riusciranno a smantellarlo nemmeno entro il 2025, come previsto dalla Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinamento e uso di armi chimiche e sulla loro distruzione siglata (con tutte le postille del caso) anche dagli Usa nel 1993 ed entrata in vigore nel 1997. Non solo. La proliferazione di armi chimiche è tutt’altro che bloccata: sempre gli Stati Uniti infatti continuano a fare ricerca per realizzare armamenti sempre più evoluti. E puntano l’attenzione su quelle incapacitanti: vere e proprie armi chimiche – oggi escluse dall’elenco di quelle messe al bando dalla Convenzione – che sono il presente della ricerca bellica. Una categoria di ordigni che dovrebbe essere riconsiderata nella prossima riunione dei paesi firmatari della convenzione prevista per il prossimo aprile. “L’obiettivo oggi è una guerra non guerreggiata, con il minor numero di morti possibile”, racconta Magnone, “per questo si cercano composti in grado di paralizzare temporaneamente il nemico fornendo agli avversari il vantaggio di agire tempestivamente per prendere il sopravvento. Le armi incapacitanti sono sostanze neurofarmacologiche che stimolano in modo anomalo o bloccano alcune parti (e non completamente come si verifica per i gas nervini) del sistema nervoso”. Rendendo così inattive le vittime per periodi di tempo variabili da pochi minuti ad alcune ore (al massimo 48), producendo allucinazioni, depressione, confusione mentale. È incapacitante – perché deprime il sistema nervoso – il BZ, che blocca l’azione dell’acetilcolina: “Si tratta di un derivato della Cannabis Indica e si presenta come una polverina cristallina di color bianco poco solubile. Si disperde sotto forma di aerosol e può essere inalato dalla vittima o penetrare attraverso la pelle”, racconta Magnone. Venne usato dagli statunitensi insieme al noto defoliante agente Orange, durante la guerra del Vietnam. E’ incapacitante anche il fentalyn, capostipite di una classe di composti di psicofarmaci, che sulle cavie è risultato circa 300 volte più potente della morfina. Questa sostanza è un narcotico con proprietà simili all’eroina. Così se per l’United Nations Office for Drug Control and Crime si tratta di un’arma chimica tanto da essere inserita nella lista delle armi di distruzione di massa, per il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie degli Stati Uniti è “solo” un agente chimico incapacitante e non un armamento. “Un derivato del fentalyn o una miscela a base di questa sostanza potrebbe essere stato usato nel teatro moscovita dove si è verificato un effetto più veloce e meno persistente che se fosse stata usata questa sostanza da sola”, spiega il chimico genovese. Tra gli agenti stimolanti “che provocano un eccesso di attività nervosa” ci sono poi una serie di sostanze psichedeliche: tra cui la dietilamide dell’acido lisergico (Lsd), la mescalina e la psilocibina. Ma a oggi non si conoscono circostanze in cui siano state utilizzate. Sostanze che non fanno fiamme ma che, come ha dimostrato la vicenda del teatro russo, possono uccidere come un missile scud.Molte di loro non si conoscono, si studiano in laboratori che sono chiusi alle ispezioni multilaterali degli organismi internazionali, finché un evento fortuito, come una scimmia che fugge, non le rivela.

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