Un processore più veloce del 35 per cento rispetto alla media e che consuma il 15 per cento in meno di energia. Lo hanno messo a punto i ricercatori dei laboratori dell’Ibm ispirandosi al processo naturale che porta alla formazione dei fiocchi di neve, di conchiglie o dello smalto dei denti, il cosiddetto “airgap”: mille miliardi di fori isolanti intorno ai nanocavi di rame inseriti nei chip. Un sistema che, secondo l’azienda, risolverà i problemi di dispersione elettrica che caratterizzano i processori e che causano il loro surriscaldamento.
Per creare i “buchi isolanti” è stato necessario saper controllare l’interazione fra molecole: “Siamo riusciti a carpire i segreti dei processi che possiamo osservare in natura”, ha spiegato Dan Edlestein a capo del progetto dell’azienda Usa. “Abbiamo scelto molecole con forme particolari che esercitano forze reciproche tali da formare schemi regolar” Molecole che, in altre parole, quando si trovano vicine le une con le altre, si auto-assemblano.
In questo modo è possibile creare dei polimeri, come già era stato dimostrato nel 2001, che però nessuno era riuscito a produrre su larga scala e a integrare nei microprocessori. Ma ora l’Ibm annuncia di aver prodotto con questi superisolanti un wafer di 300 millimetri. La performance del microprocessore verrà provata su alcuni server aziendali e universitari ma perché diventi una realtà commerciale bisognerà aspettare fino al 2009. (l.g.)