Salute

In Cina la prima infezione umana da influenza aviaria H10N3

La Commissione sanitaria nazionale cinese (Nhc) ha da poco reso noto che un uomo di 41 anni della città di Zhenjiang, in Cina, ha contratto il virus dell’influenza aviaria, ceppo H10N3. Il paziente è in condizioni stabili ed è stato dimesso dall’ospedale. Si tratta del primo caso noto in assoluto di infezione umana dal ceppo H10N3 (per altri ceppi è già successo, in passato), e l’Organizzazione mondiale della sanità sta indagando per comprendere le circostanze del contagio: “Al momento”, hanno fatto sapere dall’organizzazione, “non è ancora nota la sorgente dell’esposizione del paziente al ceppo H10N3, e la sorveglianza di emergenza attivata nella regione non ha individuato altri casi di contagio tra la popolazione locale”. Sempre stando a quel che riportano le autorità sanitarie, la trasmissione del virus sarebbe del tutto “sporadica” e il rischio di una propagazione pandemica “estremamente basso”.

Il paziente zero di H10N3 ha avvertito i primi sintomi della febbre alla fine di aprile, e il 28 maggio il Center for Disease Control and Prevention cinese ha reso noti i risultati del sequenziamento genetico del virus, determinando che si trattava, per l’appunto, del ceppo H10N3. Di solito, i virus degli uccelli non contagiano anche gli esseri umani; tuttavia, il contatto con patogeni umani può renderli più pericolosi: “Se qualcuno si ammala di influenza umana”, ha spiegato al New York Times Raina MacIntyre, capo del programma di biosicurezza al Kirby Institute della University of Nwe South Wales in Australia, “e poi viene a contatto con il virus dell’influenza aviaria, i due virus possono scambiarsi materiale genetico. È per questo che la preoccupazione per una pandemia da influenza è più alta nei paesi in cui gli umani e il bestiame da allevamento vivono a stretto contatto”.

Solo pochi giorni fa, le autorità sanitarie avevano segnalato un potenziale pericolo relativo a un altro ceppo di influenza aviaria, l’H5N8, che ha già causato la morte e l’eliminazione di milioni di animali nel mondo, e per il quale sono già stati registrati casi tra gli esseri umani. Il patogeno, in particolare, sarebbe stato la causa di un focolaio epidemico in Russia nel dicembre 2020, che ha coinvolto sette persone che operano nel settore aviario: un campanello d’allarme, secondo i ricercatori, che hanno ravvisato nel virus adattamenti di legame cellulare che potrebbero comportare rischi maggiori nella direzione della trasmissione umana e della trasmissibilità da persona a persona. Le indagini preliminari sembrano suggerire che non sia il caso di H10N3, ma è ancora troppo presto per poterlo stabilire con certezza.

Via: Wired.it
Credits immagine: Unsplash

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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