Cinque metalli sempre più rari

    La carenza di metalli rari rischia di frenare lo sviluppo delle tecnologie verdi in Europa. Lo scenario non è roseo soprattutto per il fotovoltaico e l’eolico, che fanno un uso massiccio di questi materiali. A lanciare l’allarme è il rapporto Critical Metals in Strategic Energy Technologies del Joint Research Center (Jrc) della Commissione europea: le scorte mondiali di cinque metalli – indio, gallio, tellurio, neodimio e disprosio – sono a elevato rischio di esaurimento, e procurarseli diventerà sempre più difficile. Colpa della crescita della domanda globale e della concentrazione delle limitate scorte esistenti in zone sensibili dal punto di vista politico. Un grande problema per l’Europa, che dipende quasi totalmente dalle importazioni per la sua industria green. Secondo gli esperti del Jrc bisognerà adottare strategie che prevedano il riciclo e il riuso dei metalli o la loro sostituzione con materiali alternativi.

    Il rapporto ha analizzato nel dettaglio il fabbisogno di metalli rari nelle sei principali tecnologie verdi su cui è incentrato lo Strategic Energy Technology Plan (Set) della Commissione, adottato nel 2008: nucleare, eolico, solare, cattura e stoccaggio della CO2, energia da biomasse e smart grid. In base alla domanda media annuale (fino al 2020 e al 2030) e rispetto alla produzione globale avuta nel 2010, si stima che la disponibilità sui mercati internazionali di ben 14 metalli potrebbe diminuire notevolmente; si tratta di tellurio, indio, stagno, afnio, argento, disprosio, gallio, neodimio, cadmio, nichel, molibdeno, vanadio, niobio e selenio.

    L’abbondanza di ciascuno di questi elementi è stata poi analizzata alla luce di altri fattori chiave, come la crescita della domanda e la concentrazione delle riserve mondiali in zone problematiche dal punto di vista geopolitico, come Cina, Russia, Repubblica Democratica del Congo. Risultato: indio, gallio, tellurio, neodimio e disprosio sono i metalli più a rischio di esaurimento. E ciò non fa ben sperare per l’industria fotovoltaica ed eolica del Vecchio Continente. I primi tre, infatti, vengono comunemente utilizzati nel fotovoltaico e, con il balzo verso le tecnologie a film sottile (CdTe e Cigs), è facile prevedere una crescita della domanda annuale europea di tellurio (oltre il 48 per cento), indio (più del 32 per cento) e gallio (circa l’8 per cento). Gli altri due, neodimio e disprosio, sono invece fondamentali nel settore eolico e anche in questo caso, con lo sviluppo dei sistemi a magneti permanenti, l’Europea avrà bisogno di circa il 4 per cento annuo delle scorte mondiali di entrambi. 

    Il problema è che questi metalli non sono facilmente sostituibili con altri e, per lo sviluppo delle sue tecnologie, l’Europa dipende quasi al 100 per cento dalle importazioni di materie prime. Le possibili soluzioni proposte nel rapporto per far fronte alla scarsità dei metalli vanno da una maggiore efficienza dei processi di estrazione e utilizzo delle risorse alla promozione del riciclo e del riuso dei materiali di scarto – che per alcuni metalli sono fermi a livelli troppo bassi (vedi Galileo, “Metalli, si ricicla troppo poco”) – fino allo sviluppo di tecnologie alternative e alla sostituzione dei materiali con altri meno critici. Inoltre, il Jrc, che ora si appresta a estendere l’analisi ad altre tecnologie per l’energia come i veicoli elettrici, non esclude tra le possibili soluzioni quella di aumentare la produzione primaria dell’Europa con l’inaugurazione di nuove miniere o l’apertura di quelle dormienti.

    Credit per l’immagine: Peggy Greb, US Department of Agriculture, Wikimedia Commons

    LASCIA UN COMMENTO

    Please enter your comment!
    Please enter your name here