Cocktail anti-Aids, tossico ma efficace

“Mi chiamo Richard Eastman. Ho 43 anni. Lavoravo nell’industria del cinema, in un posto chiamato Hollywood. Poi mi sono ammalato. Di Aids. Ero morto meno di un anno fa”. Un uomo piccolo e dalla faccia buffa, con baffetti e cappellino da baseball, racconta con le mani in tasca la sua storia di miracolato alla platea del III Congresso mondiale sulla terapia dell’infezione da Hiv tenutosi a Birmingham nei giorni scorsi. La racconta scandendo gli ultimi anni con i conteggi delle sue Cd4 (le cellule del sistema immunitario che marcano la progressione della malattia da Aids). Fino al momento in cui erano soltanto 22, e lui giaceva in un letto massacrato dalle infezioni opportunistiche. Ad aspettare il colpo finale. Poi, continua Eastman: “il mio dottore mi disse che c’era un nuovo farmaco che curava l’Aids come mai niente aveva fatto prima. Che era ancora sperimentale e che se volevo poteva mettermi nello studio clinico. Prova, mi disse, e forse sarai in circolazione per un altro paio di Natali”. Richard entrò nel trial di un inibitore della proteasi, le nuove molecole che somministrate insieme ad Azt e 3Tc (due inibitori della trascrittasi inversa) hanno dimostrato di contenere drasticamente gli effetti devastanti dell’Hiv. E le sue Cd4 iniziarono a salire. Oggi sono 265. Richard sta bene. E’ ingrassato, ricomincerà presto a lavorare. E’ carico come una molla e gira il mondo chiedendo soldi per i malati di Aids.

Richard Eastman prende 22 pillole al giorno. Quando ha iniziato la terapia con gli inibitori della proteasi Hiv era già sparso in tutto il suo corpo. E da lì non lo toglie più nessuno. Sta bene, ma solo perché prende quelle 22 pillole. Quanto potrà reggere? Fino a quando riuscirà a tenere sotto controllo i devastanti effetti collaterali di tre farmaci-bomba messi insieme? La sua euforia, quella dei molti miracolati dagli inibitori della proteasi, quella dei ricercatori che finalmente hanno messo in scacco il virus, quella dei clinici che hanno in mano qualcosa di più che un antivirale tossicissimo, pervade il popolo degli addetti all’Aids riunito a Birmingham. E molti giurano che con protocolli adeguati (nel nostro paese il ministero della Sanità ha appena approvato le linee guida per questi trattamenti) l’Aids diventerà presto una malattia cronica come il diabete. Sarebbe già tanto. Ma c’è chi non si accontenta. Chi continua a ricordarsi che Hiv è una bestia strana, che ha nel suo stesso codice genetico l’istruzione di mutare continuamente, che con queste mutazioni fino a oggi ha vanificato l’efficacia di più di una molecola . Poi, c’è già chi, sfidando il nuovo ottimismo, comincia a riportare gli effetti collaterali degli inbitori della proteasi, quelli di Azt e 3Tc li conosciamo bene. Una malattia cronica dunque, ma è davvero possibile con questo virus?

David Ho non vuole fare dell’Aids una malattia cronica. Lui la vuole sconfiggere. Vuole guarire i suoi pazienti. Vuole cacciare l’Hiv dal corpo umano. Lo ha promesso a un’infermiera del suo Aaron Diamond Aids Center di New York che si era infettata in servizio. “Pulirò il tuo sangue”, le ha detto. E sembra proprio che ci stia riuscendo.

Il suo teorema Ho lo ha enunciato lo scorso luglio al congresso mondiale sull’Aids di Vancouver. Dice l’infettivologo cino-americano: con gli inibitori della proteasi disponiamo di farmaci in grado di colpire a morte l’Hiv, ma somministrando i cocktail a pazienti con meno di 200 Cd4 (dunque col sistema immunitario fortemente compromesso e con il virus gia’ diffuso in tutto il corpo) non riusciremo ad altro che a tenerli in vita. Se invece, dice Ho, colpiamo duro con il cocktail di inibitore della proteasi, Azt e 3Tc non appena il paziente si infetta interveniamo quando il virus e’ ancora contenuto nei linfonodi e il sistema immunitario ha a disposizione tutta la sua forza. Allora, i farmaci colpiscono l’Hiv e il sistema immunitario potrà produrre cellule per combattere le eventuali stringhe mutanti del virus che resistono ai farmaci. Il risultato è quello di sradicare l’Hiv. Vero?

A distanza di un anno dall’inizio dell’esperimento, oggi Ho presenta i risultati. Che sembrano dargli ragione. Hiv non è più rintracciabile nel plasma dei suoi pazienti, da oltre sei mesi. Già, dicono in molti, ma Hiv è capace di starsene nascosto nei linfonodi, e il fatto che sia sparito dal plasma non significa che sia stato sradicato. Ma, stando ai lavori di Daan Notermans e Sven Danner dell’Academic Medical Center di Amsterdam, grazie al cocktail anche nei linfonodi la carica virale del virus viene ridotta fino a livelli non rilevabili. Notermans dice infatti: “il nostro trial dimostra che a carica virale ridotta praticamente a zero nel sangue corrisponde parallelamente carica virale zero nei linfonodi”.

Allora il dottor Ho ha ragione? Manca da verificare l’ultima parte del suo teorema. Già, perché sparito dal plasma e dai linfonodi, Hiv può sempre celarsi, silente e senza replicarsi, nel cromosoma di alcune cellule del sistema immunitario. Se ne sta lì, buono buono, aspettando il momento che i medici smettano di somministrare farmaci, per poi ricominciare a replicarsi quando non c’è più nulla che lo fermi. E Ho ha promesso di sradicarlo proprio per trovare il modo di non continuare a bombardare il paziente di molecole pesantissime per tutta la vita. Allora, dice Ho, si tratta adesso di capire quanto a lungo può sopravvivere Hiv senza replicarsi. Le cellule, si sa, col tempo muoiono e, se il virus non si replica, prima o poi quelle che lo contengono moriranno lasciando il posto a cellule pulite. E il paziente sarà guarito.

Ma mentre Ho lavora alla terza parte del suo teorema, i clinici alzano le spalle. Tutti sanno che il cocktail è una bomba e di darlo a chi sta bene proprio non se ne parla. Chi se la sente di cominciare a trattare pazienti asintomatici, appena infettati e ancora in perfetta salute? Per il momento nessuno. Ma alcuni ricordano che meno di sei mesi fa il teorema del dottor Ho sembrava soltanto un’idea balzana. E che oggi persino il comandante in capo delle ricerche federali sull’Aids, il cautissimo Antony Fauci, ci scommette.

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