Come si contano i bambini vaccinati

Come si misura la copertura vaccinale della popolazione nel mondo? Il modo più semplice è quello di contare quante persone hanno ricevuto i vaccini raccomandati dalle autorità sanitarie. Quando però si confrontano dati e raccomandazioni sanitarie ci si scontra con un paradosso: l’Organizzazione mondiale della sanità, per esempio, consiglia di vaccinare i bambini per 11 malattie complessivamente (difterite, tetano, pertosse, tubercolosi BCG, morbillo, rosolia, poliomielite, epatite B, Haemophilus B, pneumococco e rotavirus, 12 se si considera anche l’Hpv) mentre i dati di copertura fanno riferimento soprattutto alle coperture del trivalente DTP (difterite-tetano-pertosse). Cosa significa tutto questo? A spiegarlo, rivendicando un aggiornamento dei sistemi di monitoraggio dei programmi di vaccinazione è, sulle pagine del New Scientist, l’epidemiologo Seth Franklin Berkley. Berkley è a capo della Gavi Alliance, organizzazione pubblico-privata che si occupa di promuovere i programmi di immunizzazione nei paesi poveri.

L’idea di Berkley è che se ci affidiamo a vecchi sistemi di monitoraggio della copertura vaccinale non solo non avremmo una reale visione dell’adesione alle raccomandazioni dell’Oms, ma potremmo credere di aver raggiunto obiettivi che sono ancora lungi da venire invece. E gli obiettivi non sono solo proteggere i bambini dalle malattie prevenibili (qui una mappa dei focolai registrati negli ultimi tempi) ma aiutare anche a combattere la povertà.

La tesi di Berkley infatti è che, sebbene i vaccini non siano la sola soluzione per combattere la povertà, è indubbio credere che un bambino meno malato sia un bambino che può andare più a scuola, raggiungere un maggior grado di istruzione, sviluppare migliori abilità cognitive e al tempo stesso può permettere ai genitori di lavorare di più, e quindi di guadagnare di più, perché ha meno bisogno di essere accudito.

Palesate le ragioni dietro l’urgenza di aumentare i dati sulle immunizzazioni, ecco invece com’è la situazione oggi. Se si considera la percentuale di bambini che ricevono vaccinazioni di routine siamo passati da una copertura del 73% di un decennio fa all’83% di oggi, scrive Berkley. Potrebbe sembrare incoraggiante. Eppure il dato in sé riguarda solo il vaccino DTP: se si considerano gli 11 vaccini consigliati dall’Oms la percentuale cade al 5%. Anche in termini di impatto sulle capacità di ridurre la mortalità infantile i dati del DTP sono antiquati, visto che non comprendono quelli relativi a pneumococco e rotavirus, tra le principali cause di morte nei bambini al di sotto dei 5 anni. È chiaro quindi che considerare solo i dati di copertura vaccinale equelli del DTP sia limitante, anche perché si tratta di valori superati, visto che oggi la maggior parte dei paesi somministra i vaccini contro le malattie del DTP nei vaccini pentavalenti (o esavalente, come in Italia).

“Se tutti i paesi introducessero largamente gli 11 vaccini”, conclude Berkley “e al tempo stesso rafforzassero i propri programmi di immunizzazione, allora nel 2030 potremmo avere 9 su 10 bambini completamente vaccinati. Ma per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno di allontanarci dagli indicatori antiquati e imparare invece a trovare modi per monitorare il bambino e il suo pieno livello di protezione. È solo contando il numero di bambini completamente vaccinati, il numero di bambini nel mondo che hanno ricevuto tutti e 11 i vaccini dal loro primo compleanno, che siamo in grado di sfruttare appieno la potenza dei vaccini e far sì che ogni bambino conti davvero”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Daniel Paquet/Flickr

1 commento

  1. Rotavirus e pneumococco principali responsabili di morte sotto i 5 anni? Sarebbe bene specificare in quali regioni del mondo e in quali condizioni igienico sanitarie (un giornale scientifico dovrebbe farlo). Come dovrebbe spiegare la differenza tra copertura vaccinale e immunizzazione.

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