Categorie: Fisica e Matematica

Computer quantistici a onde sonore

Imparare come trasportare un singolo elettrone tra due punti distanti tra loro, senza che questo perda informazione lungo il tragitto, è il primo (difficile) passo per la realizzazione dei computer quantistici. Ci sono vicini alcuni ricercatori dell’Università di Cambridge, che in uno studio pubblicato sulle pagine di Nature spiegano come siano riusciti a far “rimbalzare” fino a sessanta volte una particella carica da una parte all’altra di un filo elettrico. Una tecnologia che potrebbe essere usata per controllare il trasferimento di qubit (l’unità minima di dati in questi elaboratori) tra i componenti dei computer del futuro.

Se si pensa a un cavo percorso da corrente probabilmente si immagina all’interno di esso un flusso ordinato di elettroni che viaggiano in una direzione precisa, da un capo all’altro del filo. La realtà però è decisamente diversa: ognuno di essi nel suo tragitto segue un complicato percorso a zig zag, lungo il quale può incontrare o girare intorno ad altre particelle cariche. Nell’interagire con l’ambiente che lo circonda, l’elettrone può smarrire l’informazione che sta trasportando: in questo caso si dice che lo stato quantico che lo rappresenta ha perso coerenza, e la particella non può più essere usata come messaggero di dati. Per ovviare al problema, gli scienziati britannici hanno dunque pensato di costruire una sorta di tappeto volante per intrappolare il singolo elettrone. In pratica si tratta di sollevarlo a livelli di energia superiori a quelli delle altre particelle, e lo si fa così viaggiare indisturbato per tratti relativamente lunghi.

Secondo l’idea dei ricercatori, infatti, per poterlo trasportare, il corpo carico deve venire inizialmente intrappolato in una piccola buca chiamata punto quantico (in inglese quantum dot), dentro un pezzo di un semiconduttore di arseniuro di gallio (GaAs). All’interno di quest’ultimo, il potenziale elettrostatico (ovvero il valore dell’energia del campo elettrico percepito in un punto da una particella carica) viene poi plasmato grazie a una brevissima onda sonora, che passa proprio attraverso la buca. Il segnale, che dura appena qualche miliardesimo di secondo, crea un canale ad energia più alta di quella degli altri elettroni, che collega il punto quantico su cui si trova l’elettrone a un altro quantum dot lontano qualche milionesimo di metro. L’onda che accompagna il potenziale elettrostatico preleva dunque l’elettrone e lo fa scivolare nel canale di energia, permettendogli di raggiungere l’altra buca, dalla quale viene nuovamente risucchiato.

“Il movimento è simile a quello che si ha nell’esofago quando ingoiamo un boccone e la contrazione successiva dei nostri muscoli accompagna il cibo dalla bocca allo stomaco”, ha spiegato Rob McNeil, uno degli autori. Una volta che l’elettrone è stato spostato, un’altra onda sonora uguale alla precedente può farlo avanzare ulteriormente, mentre una inviata in direzione contraria può riportarlo alla posizione di partenza: con questo metodo i ricercatori sono riusciti a mandare un singolo elettrone avanti e indietro per più di sessanta volte lungo una distanza totale di quasi 0,25 millimetri (una distanza pressoché macroscopica, rispetto alle dimensioni delle particelle).

“Questo tipo di tecnologia permetterà ai computer quantistici di funzionare”, ha commentato Chris Ford, coordinatore della ricerca. “Molti team nel mondo stanno lavorando per costruire parti di questi nuovi elaboratori, che promettono prestazioni molto maggiori di quelli classici. Ma per ora pochi sforzi erano stati fatti per lo sviluppo di metodi che connettessero le diverse componenti, come la memoria e il processore. Se riusciremo a dimostrare che tramite questa tecnologia l’elettrone effettivamente non perde l’informazione che trasporta, il metodo potrà essere poi utilizzato proprio per spostare i qubit all’interno dei circuiti di un computer quantistico“.

Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature10444

Laura Berardi

Dopo essersi laureata in fisica presso Sapienza Università di Roma con una tesi in Meccanica quantistica, ha deciso di dedicarsi alla comunicazione scientifica: ha frequentato il Master SGP e si è diplomata nel 2011 con una dissertazione su scienza e mass media, nello specifico sul tema della procreazione medicalmente assistita. Oggi è redattrice scientifica a Quotidiano Sanità, collabora con Galileo e Sapere e scrive per Wired.

Articoli recenti

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

3 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

5 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

6 giorni fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

7 giorni fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

1 settimana fa

Fogli d’oro sottilissimi: arriva il goldene

Potrebbe essere usato in diverse applicazioni come catalizzatore per la conversione dell'anidride carbonica e la…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più