Categorie: Fisica e Matematica

Computer quantistici, il qubit in un nucleo atomico

Altro che chip miniaturizzati. L’ultimo ritrovato tecnologico dei ricercatori della University of New South Wales (Unsw) è così piccolo da non essere nemmeno visibile a occhio nudo: gli scienziati sono riusciti a scrivere e leggere informazioni su un bit quantistico basato sul nucleo di un atomo di silicio. La scoperta, pubblicata su Nature, è particolarmente importante perché apre la strada allo sviluppo dei computer quantistici, migliaia di volte più potenti e veloci di quelli tradizionali.

Di cosa si tratta esattamente? I bit quantistici, o qubit, sono i “mattoncini” che costituiscono l’architettura di un processore quantistico. Il tipo di qubit testato dagli scienziati australiani funziona memorizzando e recuperando informazioni sullo spin magnetico di un nucleo atomico. È l’italiano Andrea Morello, professore associato alla School of Electrical Engineering and Telecommunications della Unsw, a spiegarlo: “Abbiamo adottato la stessa tecnologia della risonanza magnetica nucleare, una tecnica usata per le analisi chimiche e per le scansioni cerebrali, per controllare e decodificare lo spin nucleare di un singolo atomo in tempo reale”.

In sostanza, il nucleo di un atomo è una sorta di magnete estremamente debole, che può “puntare” in due direzioni naturali (spin, per l’appunto), “su” e “giù”. Nel bizzarro mondo della meccanica quantistica, questo magnete può essere in entrambi gli stati simultaneamente: è il cosiddetto principio di sovrapposizione quantistica. Le direzioni naturali sono equivalenti allo zero e all’uno di un codice binario, usato nei processori tradizionali. In questo esperimento, gli scienziati sono riusciti a controllare la direzione del magnete, “scrivendo” a tutti gli effetti un valore del suo spin. E successivamente sono riusciti a “leggere” questo valore, rendendo di fatto il nucleo un qubit funzionante.

“Abbiamo ottenuto una precisione nella lettura dei valori pari al 99,8 per cento, che diventa il nuovo punto di riferimento per l’accuratezza dei qubit“, racconta Andrew Dzurak, professore alla Unsw Scientia e direttore dell’Australian National Fabrication Facility, dove sono stati costruiti e testati i dispositivi. “Questo precisissimo qubit“, gli fa eco Morello, “si trova su un chip di silicio, che può essere cablato e gestito elettricamente, proprio come i circuiti integrati tradizionali. Il silicio è il materiale dominante nel settore della microelettronica: il nostro dispositivo è compatibile con la tecnologia attuale ed è facilmente scalabile”.

Il vantaggio di lavorare con i nuclei anziché con gli atomi è che, in questo modo, il sistema è molto meno soggetto a perturbazioni esterne. Questo perché il diametro di un nucleo è appena un milionesimo rispetto a quello dell’intero atomo: “Lo spin del nucleo è più difficile da misurare, ma è quasi completamente immune a qualsiasi disturbo esterno”, conclude Morello. “Il nostro qubit nucleare può memorizzare informazioni più lunghe e con maggiore accuratezza rispetto a un qubit atomico o elettronico. Questo aumenterà profondamente la nostra capacità di eseguire calcoli complessi, una volta che assembleremo insieme più di un qubit.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12011

Credits immagine: University of New South Wales

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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