Concordia, la legge che non c’è

Il Titanic italiano, com’è stata ribattezzata la Costa Concordia, con le sue 112mila tonnellate di stazza, giace davanti all’Isola del Giglio, con uno squarcio di quasi 70 metri. Starà al comando generale della Capitaneria di Porto accertare le dinamiche dell’incidente. Intanto, dopo il dramma delle vittime, si rischia anche il disastro ambientale, per di più in un’area marina protetta: Pelagos, il Santuario dei cetacei (vedi Galileo, “Il santuario di carta” e altri articoli). Per domani, infatti, sono attesi un’intensificazione dei venti e un peggioramento delle condizioni meteorologiche, e si teme che la nave possa sversare in mare parte del carburante (2.300 tonnellate più 4 serbatoi di gasolio). Tanto che la Lipu ha già allertato il Centro recupero uccelli marini e acquatici di Livorno, intervenuto anche per il disastro della petroliera Haven a Genova, circa 20 anni fa (vedi Galileo, “Erika, condanna esemplare”). Potrebbero servire anche 5 settimane per il recupero del carburante; per ora, comunque, secondo l’azienda olandese Smit (che da questa mattina si sta occupando del recupero della nave), non ci sarebbe pericolo di dispersione di sostanze nocive.

Ma che ci faceva una nave da crociera di quelle dimensioni così vicina all’isola? Poteva approssimarsi tanto a una costa (circa 100 metri dagli scogli delle Scole) in un parco marino? La risposta, purtroppo, non è un deciso “no”, ma è un “ni”. Non esiste una legge unica, infatti, che limiti e regolamenti il traffico alle grandi imbarcazioni o a quelle che trasportano carichi pericolosi nelle aree considerate sensibili. 

“Vero. Esiste però la Carta nautica, che è un atto ufficiale, ed esiste l’ovvio e banale obbligo di mantenersi a distanza di sicurezza da scogli e secche”, dice a Galileo Cosimo Alessandro Nicastro, Capitano di fregata del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto: “Una nave di 300 metri ha bisogno almeno di 600 metri per eseguire una manovra, e la secca rocciosa con cui si è scontrata era nota e segnalata. Esistono poi delle norme che variano molto da area ad area ma, in ogni caso, quella nave non doveva trovarsi lì: ha violato le regole generali della perizia marinaresca”. 

Secondo quanto riferiscono Legambiente e Greenpeace, però, sarebbe una consuetudine di diversi capitani di navi da crociera quella di avvicinarsi troppo alle coste delle zone turistiche, indipendentemente dal fatto che siano aree marine protette o meno: dal Giglio, a Portofino, alle Eolie, alla laguna di Venezia (che assiste al passaggio di due bestioni al giorno), per citare alcuni esempi. Ma chi stabilisce le rotte? “Il comandante”, dice Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente, “e può decidere di cambiarle in corso d’opera, come sembra sia avvenuto nella tragedia della Concordia. Il punto è che va fissata una regola generale che tuteli le aree sensibili”. 

“Basterebbe migliorare il monitoraggio”, sottolinea Alessandro Giannì, responsabile mare di Greenpeace: “La tecnologia c’è e si chiama Ais  (Automatic Identification System), che segnala la rotta delle navi in tempo reale, obbligatorio dal 2004 per le imbarcazioni sopra le 300 tonnellate (secondo una disposizione dell’Organizzazione marittima internazionale, Imo, ndr). È possibile che non si riesca a implementare un sistema che, in automatico, faccia scattare un allarme non appena una nave entri in una zona off limit? Non è richiesto alcuno sforzo economico di grandi proporzioni, ma solo strumenti giuridici più rigidi”.

Ora, un nuovo tavolo tecnico per il Santuario dei cetacei dovrebbe essere convocato entro il 29 febbraio: vi parteciperanno anche i presidenti delle Regioni Liguria, Toscana e Sardegna e l’obiettivo sarà quello di mettere a punto, finalmente (a 10 anni dall’istituzione dell’area protetta), delle misure concrete contro l’inquinamento. Qui, infatti, passano in media 100 passeggeri al giorno. Lo stesso andrebbe fatto per le altre 28 aree marine protette e per tutte le isole minori. Insieme a Giannì e Venneri, Galileo ha tracciato una mappa delle rotte italiane più sensibili.

Stretto di Bonifacio

È il punto più delicato e pericoloso del Santuario dei Cetacei. Italia e Francia hanno già vietato il transito di navi con carichi pericolosi. Ogni nave che si avvicina viene contattata e guidata attraverso lo stretto.

Genova, La Spezia e Livorno

Le rotte verso questi porti sono molto – troppo – trafficate. In particolare qui passano moltissime petroliere dirette al porto di Genova.

Canale di Piombino

Altra zona molto trafficata, in senso Est-Ovest, con isole. 

Arcipelago toscano

Elba, Giglio, Capraia, Montecristo, Giannutri sono quelle soggette a un estremo traffico estivo. Si salvano Gorgona e Pianosa, che hanno regole più rigide in quanto colonie penali e difficili da avvicinare.

Laguna di Venezia

È un caso a sé, perché è un porto: in questo caso va valutato l’impatto ambientale del passaggio delle grandi navi e le possibili alternative.

Le isole dello Stretto di Sicilia

Le Eolie e le altre isole non sono parco nazionale o riserva, e questo tratto è soggetto a un intenso traffico marittimo, soprattutto di petroliere, come testimonia un rapporto di Greenpeace. 

5 Commenti

  1. Mi spiace fare il precisino per quello che sicuramente è un errore di distrazione, ma riguardo la stazza della Concordia, credo che abbiate dimenticato il “mila” dopo il 114.

  2. L’AIS non può essere un sistema di controllo del traffico navale tipo quello aereo…per intenderci. Non ha la precisione necessaria.
    Un sistema c’è già, si chiama VTS, viene usato prevalentemente per il traffico in entrata/uscita dei porti ed in zone sensibili come nel Canale della Manica.
    In Toscana il VTS non è comunque attivo a sud dell’Isola D’Elba a causa della mancanza di fondi per la sua attivazione.

  3. Ai luoghi sensibili aggiungerei anche le isole Tremiti e il Golfo di Salerno; non credo di essere l’unico ad aver sentito dire, da molti anni, di “inchini” fatti sistematicamente davanti alla città campana.

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