Sul Web si condivide di tutto. E allora perché non il Dna o i batteri che popolano il nostro organismo? L’idea è di un programma non profit chiamato MyMicrobes, che ha lanciato il suo social network sulla flora intestinale lo scorso 8 settembre. La stravagante iniziativa è dello stesso gruppo di ricercatori che a inizio anno è riuscito a identificare le tre classi (enterotipi) in cui si suddivide la totalità dei batteri presenti nell’intestino umano. Quello studio, apparso su Nature il 20 aprile scorso, mirava a individuare una possibile relazione tra una classe specifica di batteri e una particolare predisposizione a sviluppare malattie infiammatorie e obesità.
Il social network nasce proprio con lo scopo di raccogliere il maggior numero di dati possibili e continuare le ricerche sulle tre tipologie di batteri e la loro diffusione nel mondo. La community on line è aperta a tutti e dedicata in particolare a chi soffre di disturbi gastro-intestinali. Sulle pagine del sito gli iscritti possono condividere le loro storie, scambiarsi suggerimenti e, forse, trovare le risposte ai loro problemi. “L’idea – spiega Peer Bork, biochimico presso l’European Molecular Biology Laboratory di Heidelberg – è venuta in seguito alle numerose e-mail che abbiamo ricevuto”.
Dopo la registrazione sul sito, ai partecipanti allo studio verrà recapitato un libretto di informazioni e un kit per il prelievo di campioni biologici, che saranno inviati prima a Parigi, per l’estrazione del Dna, e poi a Heidelberg per il sequenziamento. Il costo di questa procedura è di circa 2.000 euro, cui va aggiunta la quota di iscrizione (minimo 1.451 euro), più le spese di spedizione. A questo punto i dati entreranno a far parte, in maniera del tutto riservata, del database di MyMicrobes. Finora circa 100 persone hanno dichiarato il proprio interesse verso l’iniziativa, ma nessuno si è ancora iscritto. Affinché lo studio sia significativo, i ricercatori avranno bisogno di circa 5.000 partecipanti.
Il gruppo non fa promesse a chi partecipa al progetto, ricordando che la ricerca è ancora agli inizi e, sebbene si siano trovati dei legami tra alcuni marcatori genetici degli enterotipi e l’obesità, non vi è ancora nulla che possa suggerire specifici trattamenti.
Riferimenti: Nature doi:10.1038/news.2011.523; doi:10.1038/nature09944 (2011)
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