Corea del Nord Un Paese alla fame

La Corea del Nord, roccaforte asiatica dello stalinismo, è alla fame. Due alluvioni consecutive, una nel 1995 e l’altra nel 1996, hanno distrutto i raccolti, e un modello economico chiuso, fortemente voluto dal dittatore Kim Il Sung scomparso tre anni fa, hanno gravemente compromesso il futuro del paese. Oggi, ventiquattro milioni di persone vivono con un quinto della quantità di cibo considerata minima per un essere umano. Due milioni e mezzo di bambini al di sotto dei sei anni sopravvivono con 100 grammi di cereali al giorno, ma anche questa razione minima rischia di scomparire dalla loro già poverissima dieta. La malnutrizione e il deperimento riguardano ormai più della metà dell’infanzia coreana. Il futuro di un’intera generazione è in pericolo.

Il mondo ha saputo della grave crisi nordcoreana dopo l’inondazione del ‘95. Nell’autunno di quell’anno il governo di Pyongyang, uscendo dal suo tradizionale isolamento economico e politico, fece una chiara richiesta di aiuto alla comunità internazionale. Era la prima volta che la Repubblica Popolare Democratica Coreana ammetteva di avere bisogno del mondo esterno. A quell’appello fece immediatamente seguito la risposta del Pam, il Programma alimentare mondiale, l’agenzia delle Nazioni Unite che ha il compito di rispondere alle situazioni di emergenza alimentare raccogliendo fondi da governi e istituzioni internazionali e convertendoli in cibo. “Ci rendemmo conto della crisi coreana nell’autunno del 1995, in seguito alla richiesta di aiuto del governo, dopo che fortissime alluvioni avevano devastato i terreni agricoli e i raccolti. E già nell’autunno di quell’anno facemmo un appello per 8 milioni e mezzo di dollari in cibo”, riferisce a Galileo Catherine Bertini, direttore esecutivo del Pam dal 1992. Con quella prima richiesta vennero raccolti circa 7 milioni e mezzo di dollari. “L’anno seguente – continua Bertini – altre inondazioni colpirono il paese. Questo ridusse ulteriormente la quantità di derrate alimentari a disposizione della popolazione”. Nel 1996 vennero raccolti dal Pam e inviati nella Corea del Nord 27 milioni di dollari in alimenti. Tuttavia, nonostante gli interventi delle Nazioni unite, la situazione rimaneva molto critica.

Ma quali altre ragioni, oltre alle catastrofi naturali, hanno potuto contribuire, a suo giudizio, a determinare la situazione attuale? Miss Bertini non ha dubbi. “Le inondazioni”, dice, “sono solo uno dei fattori che hanno provocato questa crisi. La Corea del Nord è un paese socialista con una economia socialista: a ognuno il governo assegna una razione di cibo e un lavoro, questa è la base della loro alimentazione. Chi abita nelle zone agricole può procurarsi qualcosa coltivando piccoli orti, chi vive presso il confine cinese riesce ad attuare piccoli scambi con le popolazioni al di là del confine. Qualcuno raccoglie alghe marine. Ma l’alimentazione di base proviene dal governo. Quindi, se il governo non ha cibo la gente non lo riceve. A questo – continua il direttore del Pam – bisogna anche aggiungere la crisi che ha investito i paesi con cui la Corea del Nord aveva rapporti commerciali. Per esempio l’Unione Sovietica, che era crollata già nel 1991. Così, una situazione economica già compromessa ha raggiunto un punto critico. Attualmente alcune persone non ricevono niente dallo stato perché i magazzini del governo sono vuoti. Quando il cibo c’è, ne vengono distribuiti 100 grammi al giorno pro capite”.

I bambini al di sotto dei sei anni ricevono dal Pam 100 grammi di cereali al giorno. Inizialmente questa quantità doveva servire da supplemento alla razione alimentare fornita dallo stato. Ora, per molti di loro è diventata l’unica fonte di sostentamento. “I bambini rischiano di morire di fame o di malattia e molti di loro – avverte Bertini – potrebbero non sviluppare mai a pieno le loro potenzialità fisiche e psichiche. Anche gli anziani – conclude – sono una categoria particolarmente vulnerabile”.

Il 2 aprile scorso il Pam ha lanciato un appello – il terzo – per 95, 6 milioni di dollari allo scopo di acquistare e trasportare 203mila tonnellate di viveri a sostegno delle fasce più deboli della popolazione. L’appello del 9 luglio per 45,7 milioni di dollari, questa volta lanciato dal Pam congiuntamente con la Fao, ha aggiornato le richieste di aprile. Governi e Organizzazioni non governative hanno prontamente risposto e la cifra, destinata a coprire il fabbisogno alimentare immediato di quattro milioni e mezzo di nordcoreani è stata raggiunta. Grazie a questi fondi tutti i bambini sotto i sei anni riceveranno 250 grammi al giorno e ai malnutriti verranno anche somministrati biscotti ad alto contenuto proteico e latte in polvere. Una porzione di viveri sarà anche destinata ai pazienti degli ospedali.

Dal 1995 ad oggi il Pam ha raccolto in tutto più di 123 milioni di dollari per la Corea del Nord. Tra i maggiori donatori ci sono gli Stati Uniti, la Corea del Sud, la Svezia, l’Australia. L’Italia ha contribuito ad alleviare la crisi con una donazione di riso per 300mila dollari. Questa è la risposta del mondo a una situazione di emergenza immediata. Ma quale sarà il futuro prossimo della Corea del Nord? “La popolazione comincerà a morire di fame, mentre i bambini più piccoli si salveranno”, conclude il direttore del Pam. E come se non bastasse, la recente siccità ha compromesso il raccolto di mais e molto probabilmente la produzione alimentare continuerà a essere insufficiente a coprire il fabbisogno di tutta la popolazione.

Chiunque volesse sostenere l’attività del Pam può versare il suo contributo sul conto corrente bancario aperto presso la Banca Commerciale Italiana n° 490650/24/29 intestato a WFP in Action.

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