Categorie: Salute

Corea di Huntington, dall’Italia la nuova via terapeutica

A volte l’impresa più difficile è cambiare punto di osservazione. Tornare indietro e ricominciare in un’altra direzione. È quello che ha fatto Elena Cattaneo, ricercatrice al dipartimento di scienze farmacologiche presso l’Università di Milano, che insieme alla sua équipe di scienziati ha indicato una nuova via alla comprensione, e quindi alla cura, della Corea di Huntington. Una malattia degenerativa di cui soffrono almeno quattromila italiani e che in Europa e negli Stati Uniti colpisce una persona su 10 mila, ma che raggiunge livelli più preoccupanti in altri paesi, per esempio in Venezuela dove l’incidenza è di sette casi su mille. A essere colpiti dalla malattia sono i neuroni che si trovano nel corpo striato, una zona all’interno del telencefalo, la cui progressiva morte provoca la comparsa di disturbi motori: quegli improvvisi movimenti degli arti, del tronco e del collo che hanno indotto a denominare questa malattia “corea”, dal greco “danza”.

Unico responsabile della Corea di Huntington è il gene IT15 (Interesting Transcript 15), posizionato sul cromosoma 4 e capace di codificare per una proteina, l’huntingtina. Ed è proprio quando in questo gene si verifica una mutazione, in particolare la ripetizione abnorme di triplette di nucleotidi CAG, che si scatena la malattia. Dal 1993, anno in cui è stato individuato l’IT15, le ricerche si sono concentrate sulla variante mutata dell’huntingtina cercando di comprenderne i meccanismi d’azione. Ma ora, dalle pagine di Science, la ricerca del gruppo di Milano invita a guardare da un’altra parte, alla proteina sana.

“E’ dal 1995 che stiamo accumulando informazioni su questa proteina”, afferma Cattaneo, “ma ora i dati in nostro possesso sono davvero interessanti”. Prima della ricerca italiana gli scienziati di tutto il mondo erano convinti che la Corea di Huntington si scatenasse in seguito all’iperattività della proteina mutata, che le conferiva tossicità e provocava quindi la morte dei neuroni dello striato. Ma prima di guardare alla proteina mutata perché non capire come funziona quella normale? Questa la domanda che i ricercatori si sono fatti e a cui hanno risposto. “Abbiamo individuato così per la prima volta la funzione della huntingtina sana: far produrre alle cellule cerebrali una proteina protettiva per i neuroni dello striato, la neurotrofina Bdnf (Brain-derived Neurotrophic Factor)”, spiega ancora Cattaneo. Si tratta di una parente del famoso Nerve-Growth-Factor scoperto da Rita Levi Montalcini 30 anni fa, che permette la sopravvivenza neuronale.

È stata poi la seconda fase della ricerca che ha consentito di capire che il Bdnf non viene prodotto dai neuroni striatali bensì dalla corteccia cerebrale, da dove defluisce verso lo striato attraverso una connessione anatomica. “Proprio una disfunzione di quella via di comunicazione provoca la morte selettiva delle cellule cerebrali”, prosegue la ricercatrice. È quindi la mancata produzione di Bdnf dovuta alla mutazione dell’huntingtina a favorire la morte neuronale proprio in una specifica aerea del cervello. E non solo la presunta tossicità della proteina. Una scoperta resa possibile dall’indagine delle funzioni normali della proteina, dalla volontà dei ricercatori italiani di guardare in una direzione diversa da quella in cui guardavano tutti.

Non solo. La terza fase della ricerca apre nuove vie terapeutiche per la Corea di Huntington. “Ora possiamo pensare non solo a bloccare la proteina mutata, ma anche a ripristinare quella normale”, afferma Cattaneo. Nello studio i ricercatori italiani hanno anche evidenziato che l’huntingtina stimola la trascrizione del gene Bdnf agendo su una particolare porzione del promotore di questa neurotrofina. “Abbiamo quindi già in mano il bersaglio molecolare dell’azione dell’huntingtina, il pezzettino che comunica con la proteina”, spiega la ricercatrice. “Si tratta ora di individuare farmaci che agiscano sul promotore, mimando la normale funzione della proteina”. Nessun farmaco pronto per l’uso, quindi, ma un’indicazione importante e precisa su come procedere nella ricerca farmacologica.

Leggi anche: Nuove scoperte sulla Còrea di Huntington

Federico Ferrazza

Giornalista, è nato nel 1978. E' coordinatore del sito Wired.it. Ha scritto di tecnologia, new media e scienza per alcune delle principali testate nazionali; tra queste: Galileo, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, L’espresso, Il Venerdì di Repubblica, Wired Italia, XL, Il Corriere delle Comunicazioni, Sapere. Insegna new media e giornalismo on-line in alcuni master universitari. 

Articoli recenti

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

22 ore fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

4 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

6 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

7 giorni fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

1 settimana fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più