Salute

Nuovo coronavirus, perché le persone senza sintomi possono essere contagiose

Il nuovo ceppo di coronavirus responsabile della polmonite in Cina, un caso sanitario ormai internazionale, potrebbe diffondersi più facilmente di quanto si pensava all’inizio. Al 27 gennaio siamo a 81 morti e a quasi 3mila contagiati. Quasi tutti i malati sono in Cina e la maggior parte – circa 1.400 – nella città di Wuhan. Ma ci sono casi anche fuori dal paese, per esempio in Francia, negli Stati Uniti, in Giappone ed altri. Una delle notizie più preoccupanti, secondo gli esperti, è che potenzialmente persone che non hanno sintomi e senza febbre possono ugualmente trasmettere il coronavirus. Lo dimostra uno dei diversi studi pubblicati su The Lancet e dedicati alla nuova polmonite cinese. Ecco cosa significa.

I sintomi

In questi giorni Lancet ha pubblicato diversi studi sul nuovo coronavirus. Fra questi, un’indagine su 41 persone colpite, di cui 6 decedute, che rileva e descrive i sintomi più comuni. Le manifestazioni cliniche sono simili a quelle della Sars, apparsa per la prima volta nel 2002 e dovuta a un altro coronavirus, che provocò la morte di quasi 800 persone. Febbre, tosse, difficoltà a respirare, polmonite, in alcuni casi forte stanchezza, mal di testa e diarrea, sono i sintomi più frequenti. Lo studio riferisce che i principali gap nelle conoscenze della nuova polmonite riguardano le origini, la casistica, la durata del contagio e lo spettro clinico della malattia, che dovranno essere approfondite in altre ricerche.

Pazienti asintomatici ma infetti

Una seconda ricerca, poi, si concentra sulla trasmissione interumana del coronavirus in un gruppo familiare – la diffusione del virus è infatti favorita dalla presenza di ambienti ristretti, come in ambito familiare o sanitario. Nello studio, che conferma questo tipo di contagio, si legge che “un’infezione asintomatica sembra possibile”, dato che uno dei quattro pazienti era infettato dal virus ma non presentava alcun sintomo.

“Per questo è essenziale isolare i pazienti e rintracciare e mettere in quarantena le persone venute a contatto quanto prima”, scrivono gli autori nel paper, nonché “educare le persone ad una corretta igiene personale [lavarsi le mani frequentemente ndr], all’igiene del cibo e allertare gli operatori sanitari all’adozione di regole per controllare l’infezione ed evitare eventi di sovradiffusione del virus”. Strategie che sono già messe in atto, se si pensa che il governo cinese ha sospeso i tour dentro e fuori il paese. Anche i festeggiamenti per il capodanno cinese sono stati annullati e rimandati (anche a Roma e Milano).

Il commento dell’esperto

Ma ciò che preoccupa alcuni è l’esistenza di pazienti asintomatici che potrebbero diffondere la malattia pur senza sintomi. “L’ipotesi che ci siano persone asintomatiche ma infette è possibile e normale quando ci sono infezioni virali”, spiega a Wired Gianni Rezza, responsabile delle malattie infettive all’Istituto superiore di sanità (Iss). Inoltre, esiste una finestra, il periodo di incubazione che di solito dura alcuni giorni, in cui i pazienti sono già stati esposti al patogeno ma non presentano la malattia”. Insomma, non è un elemento eccezionale, come spiega l’esperto. “Fortunatamente di solito la probabilità che i pazienti asintomatici possano contagiare altre persone è bassa”, specifica Rezza, perché il contagio avviene più facilmente quando la persona ha sintomi, quando starnutisce, tossisce, insomma attraverso il contatto della saliva con le mucose”L’idea però è che in questi casi i controlli in aeroporto possano non essere sufficienti a bloccare il coronavirus. “I controlli sono essenziali perché abbassano significativamente il rischio della diffusione del virus”, sottolinea Rezza, “ma è risaputo che in questo come in altri casi non escludono del tutto questa possibilità”.

Via Wired.it

Leggi anche su Galileo: “Spillover, il coronavirus cinese non è che l’ultimo esempio di patogeni che arrivano dagli animali”

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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