Salute

Il morbo di Parkinson potrebbe anche iniziare prima della nascita

La firma del Parkinson potrebbe essere presente nel cervello in alcuni casi prima della nascita. I pazienti con Parkinson ad esordio precoce, che ricevono la diagnosi prima dei 50 anni, infatti, presenterebbero dei segni già al momento della nascita. A mostrarlo è uno studio, cui ha preso parte l’ospedale californiano Cedars-Sinai Medical Center. I segni sarebbero delle anomalie, a livello del funzionamento dei neuroni, tipiche di alcune forme del disturbo. La ricerca potrebbe aprire nuove strade per scoprirlo ancora prima e per prevenirlo o trattarlo meglio. I risultati sono pubblicati su Nature Medicine.

Parkinson ad esordio precoce, lo studio

In Italia, circa 250mila persone soffrono di Parkinson, e ancora non c’è una cura risolutiva, anche se la ricerca va avanti. I pazienti che ricevono una diagnosi fra i 20 e i 50 anni rappresentano circa il 10% del totale – con molti casi già intorno ai 20 anni. Anche se le cause non sono ancora del tutto chiare, la malattia è multifattoriale e dovuta a fattori genetici e ambientali di varia natura.

I ricercatori hanno voluto capire meglio cosa avviene nel cervello dei pazienti più giovani. Per farlo, hanno generato cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs): staminali create artificialmente a partire da cellule adulte differenziate, ovvero normali cellule adulte, dei pazienti. Le iPSCs possono produrre qualsiasi tipo di cellule del corpo umano, tutte identiche geneticamente a quelle delle persone da cui derivano. Questo processo è un po’ come riportare indietro nel tempo cellule adulte a quando erano nel loro stato embrionale, scrivono gli autori.

In questo caso gli scienziati le hanno utilizzate per generare i neuroni dopaminergici, quelli che producono la dopamina e che sono i più colpiti nel Parkinson (una delle manifestazioni principali della malattia è proprio questa). L’operazione è servita, come raccontano gli autori, per capire quali sono i meccanismi di funzionamento di questi neuroni all’inizio della vita di una persona che svilupperà presto i sintomi della malattia.

I risultati

Dalle indagini, nei neuroni dopaminergici si osserva un accumulo della proteina alfa-sinucleina, tipica di molte forme di Parkinson. Insieme a questo c’è un aumento della protein-chinasi C, un enzima che prende parte ai processi di comunicazione e segnalazione cellulare, il cui ruolo nel Parkinson non è ancora chiaro. Contestualmente gli autori hanno rilevato un malfunzionamento dei lisosomi, vescicole nelle cellule che eliminano i rifiuti, un problema che contribuirebbe all’accumulo dell’alfa-sinucleina.

“Sembra che i neuroni dopaminergici di queste persone continuino a gestire male l’alfa-sinucleina per un periodo di 20 o 30 anni”, ha spiegato Clive Svendsen, coautore e docente di scienze biomediche e medicina al Cedar-Sinai, “facendo emergere i sintomi del Parkinson”. Ora i ricercatori cercheranno di capire se queste anomalie si manifestano anche nelle altre forme del disturbo – non solo in quello ad esordio precoce.

Verso un farmaco per il Parkinson precoce

Ma c’è di più. Gli autori hanno poi testato dei farmaci per capire se e quali possano invertire o bloccare il processo che porterà al Parkinson. E hanno scoperto che un medicinale, il PEP005, già approvato dalla Fda statunitense (l’ente che regola farmaci e alimenti) per le lesioni precancerose della pelle, riduce i livelli elevati di alfa-sinucleina. Il risultato si manifesta sia nei neuroni dopaminergici prodotti dalle cellule sia in topi trattati in laboratorio.

Il team prevede di studiare meglio il farmaco, come racconta l’italiano Michele Tagliati, coautore e direttore del Programma dei disturbi del movimento al Cedar-Sinai. Attualmente il medicinale è disponibile sotto forma di gel e i ricercatori cercheranno di capire se potrebbe essere inviati al cervello per trattare o prevenire l’insorgenza precoce del Parkinson.

Riferimenti: Nature Medicine

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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