Coronavirus, le nuove regole sulla quarantena

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(Foto: mufid majnun/Unsplash)

La quarantena verrà ridotta da 14 a 10 giorni. Mentre per i positivi basterà un unico tampone negativo, anziché due, per interrompere l’isolamento. Sono queste le misure approvate durante la riunione del Comitato tecnico-scientifico, che ha sottolineato l’esigenza di aggiornare il percorso diagnostico dei casi di positività al coronavirus. Sulla scia delle raccomandazione dell’Oms e degli statunitensi Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), così anche l’Italia ha deciso di restringere il periodo di quarantena ed eliminare la necessità del doppio tampone, come già succede in Germania, dove l’isolamento dura appunto dieci giorni, e in Francia addirittura 7. Ma è sicuro ridurre il periodo di isolamento? E quali sono le evidenze scientifiche che lo dimostrano?

Il nuovo protocollo del Cts, riassumendo, prevede per i positivi al coronavirus un isolamento di almeno 10 giorni (dei quali gli ultimi 3 in completa assenza di sintomi) e, in finale, un solo tampone molecolare. Se l’esito del test sarà positivo, secondo quanto riporta l’Ansa, il paziente dovrà fare altri 7 giorni di isolamento, e sottoporsi a un nuovo tampone. Se anche questa volta risulterà positivo, dovrà prolungare la quarantena per altri 4 giorni. Superati questi, a prescindere dal risultato dell’ultimo tampone, sarà comunque esonerato dall’isolamento e potrà tornare alla vita normale.

Mentre per gli asintomatici che non si negativizzano dopo 21 giorni, con riscontro di positività al tampone effettuato al decimo e 17esimo giorno, la quarantena sarà di 21 giorni , appunto, ma non oltre. Nei casi asintomatici, fanno sapere dal Cts, l’isolamento si interrompe comunque al 21° giorno in quanto “le evidenze disponibili non documentano alcun caso di presenza di virus competente per la replicazione”, si legge in una nota. In altre parole, superato questo arco di tempo la carica virale è talmente tanto bassa che il paziente non è più ritenuto infettivo, come dimostrato da studi internazionali. Infine, anche per i contatti stretti l’isolamento fiduciario dovrà durare 10 giorni, con un tampone antigenico rapido oppure molecolare finale, che potrebbe essere realizzato dai medici di famiglia e dai pediatri. “Per il raggiungimento dell’obiettivo strategico connesso alla sostenibilità del sistema diagnostico dei casi di positività al coronavirus”, dicono dal Cts, “riteniamo necessario il coinvolgimento anche dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta per il prezioso e fondamentale contributo che potranno assicurare nella esecuzione dei tamponi, al fine di sostenere in maniera essenziale il sistema sanitario nel Paese”.

Ricordiamo che il primo a proporre l’allentamento delle misure di quarantena è stato l’Oms, quando a giugno scorso ha deciso di modificare la definizione di paziente guarito dal coronavirus. Come vi avevamo raccontato, infatti, le raccomandazioni per le dimissioni dalla quarantena, senza la necessità del doppio tampone, prevedevano: per i pazienti sintomatici 10 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi, più almeno 3 giorni senza sintomi (inclusa la febbre e i sintomi respiratori). Per i pazienti asintomatici, invece, 10 giorni dopo il test positivo per il nuovo coronavirus.

Una scelta, spiegavano dall’Oms, presa alla luce delle sempre crescenti prove, secondo cui il virus risulta raramente presente nei campioni respiratori dei pazienti dopo 9 giorni dall’esordio dei sintomi. “I criteri aggiornati riflettono i recenti risultati secondo cui i pazienti i cui sintomi si sono risolti possono ancora risultare positivi per il nuovo coronavirus mediante il tampone Rt-Pcr per molte settimane”, si legge nel documento. “Nonostante questo risultato positivo del test, è improbabile che questi pazienti siano infettivi e pertanto che siano in grado di trasmettere il virus a un’altra persona”.

Successivamente, anche gli statunitensi Cdc hanno espresso la stessa opinione. Menzionando oltre 15 studi internazionali che analizzavano la lunghezza dell’infezione, la persistenza della carica virale, l’infettività degli asintomatici, hanno evidenziato come la quantità di materiale virale vivo nel tratto respiratorio si riducesse significativamente subito dopo la comparsa dei sintomi. Non solo: stando agli studi, la durata dell’infettività nella maggior parte dei pazienti non è più lunga di dieci giorni dall’inizio dei sintomi. “Le evidenze ci dicono che la contagiosità cala drasticamente 7-10 giorni dopo la comparsa dei sintomi, e che difficilmente dopo 10 giorni si può trovare ancora traccia del virus”, ci aveva spiegato in un’intervista Antonella Viola, immunologa, direttrice scientifica dell’Istituto di ricerca pediatrica Città della speranza e ordinaria di patologia generale all’Università di Padova, nella quale suggeriva di aderire alle raccomandazioni dell’Oms, restringendo la quarantena ed eliminando il doppio tampone.

Via: Wired.it

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Credits immagine di copertina: Mufid Majnun on Unsplash